Immobilismo. È questa l’accusa fondamentale che il retail muove all’industria, che a detta dei profumieri ragiona con logiche di un passato di vacche grasse, senza accorgersi del cambiamento in atto nel mercato e nei consumi. Incapacità di rinnovarsi. È, invece, il principale biasimo che le aziende cosmetiche rivolgono a una profumeria che deve essere radicalmente rivista come modello. Chi ha ragione? Entrambi, perché gli uni e gli altri sono stati per troppo tempo “viziati” da un mercato anti ciclico, che alla crisi reagiva con crescite dei consumi. Oggi non è più così. Altri canali insidiano il primato della profumeria sulla bellezza. Altri canali stanno provando ad attrarre consumatori con prodotti accattivanti e pubblicità impattanti. Altri canali stanno creando nei punti vendita spazi dedicati alla prova dei trattamenti. Perché la profumeria, salvo poche eccezioni da parte del retail e dell’industria, sta a guardare? È il momento di agire, di sviluppare nuovi progetti. Non diciamo di ignorare ciò che è stato, ma di partire dalla propria storia e dalla propria filosofia per cambiare direzione e invertire il trend dei consumi, per rivedere i propri obiettivi e le strade per raggiungerli e, perché no, magari ripensare anche quali compagni di strada vogliamo avere in questo percorso. Abbiamo dalla nostra il fatto che la profumeria ha perso e sta perdendo fatturato, ma molto meno di altri mercati. Ripartiamo da ciò e dalla preparazione dei nostri addetti per ricostruire il futuro del canale selettivo perché la specializzazione è il primo e più importante elemento distintivo della profumeria italiana.