È passato esattamente un anno da quando, proprio da questo spazio, annunciavamo l’acquisto da parte di Bridgepoint, già controllante di Limoni Profumerie, di La Gardenia. E prospettavamo il difficile e lungo lavoro che sarebbe stato necessario fare per razionalizzare e sviluppare il nuovo polo di profumerie. Parlavamo di investimenti e di strategie che non potevano essere di breve periodo. Eppure dopo solo un anno, dopo aver siglato contratti di acquisto congiunti con i fornitori e aver speso almeno 7,5 milioni di euro (a fine 2011) in comunicazione per un campagna advertising firmata La Gardenia | Limoni, Bridgepoint ha ceduto le sue quote di Limoni alle banche, le quali stanno decidendo se vendere – magari spezzettando la rete tra 4 o 5 acquirenti – o attuare un ulteriore piano di risanamento. Ma chi è in grado di accollarsi tutti i debiti contratti negli ultimi anni dalla catena? Difficilmente le banche non procederanno a un concordato preventivo per cercare di accordarsi con i fornitori a proprio vantaggio ovvero riducendo l’entità del dovuto alle diverse case cosmetiche. L’alternativa è che Limoni – primo player del mercato italiano con oltre 500 profumerie e migliaia di dipendenti – fallisca. Che si proceda al concordato preventivo o fallimentare sarà un duro colpo per tutta l’industria cosmetica e soprattutto per quelle aziende che, nonostante i segnali negativi che si sono profilati in questi mesi all’orizzonte, si sono esposte maggiormente o non hanno messo riserve a bilancio per contenere il danno. Il contraccolpo di quanto succederà a Limoni sarà enorme per tutto il canale selettivo perché anche gli altri retailer saranno danneggiati a catena dalle perdite provocate all’industria e dalle loro minori risorse da dedicare al canale. Non sappiamo cosa decideranno le banche e non possiamo fare altro che attendere, nella speranza che chi prenderà in mano le sorti di Limoni possa essere più lungimirante e meno legato a logiche finanziarie di brevissimo periodo.