L’offerta delle profumerie è sempre più omologata, non esiste una reale differenziazione tra un punto vendita e l’altro. È il consumatore che lo ha affermato nell’ambito della ricerca “Retailer of the year 2010”, effettuata dalla società Q & A Research & Consultancy. Certamente l’indagine non considera tutto il panorama delle profumerie italiane, in particolare non prende in esame la distribuzione tradizionale ma solo quella moderna, eppure è un discorso valido per tutti. Visitando punti vendita differenti per location, dimensioni e insegna, appare evidente come prevalga l’uniformazione in termini assortimentali. Non solo troviamo gli stessi brand ma anche i medesimi prodotti e formati. Inevitabile quindi che la concorrenza finisca per giocarsi su un unico fronte, quello del prezzo. Come è possibile uscire da questo circolo vizioso? Facendo delle scelte. Il profumiere ha la possibilità e il dovere, oggi più che mai, di analizzare l’offerta dell’industria e di scegliere al suo interno solo ciò che è realmente in grado di soddisfare le esigenze della propria clientela. Magari puntando esclusivamente sui marchi che contano, magari selezionando tra i brand top quelli che non si sovrappongono in termini di posizionamento, magari optando per marchi con una ridotta awarness ma elevato valore aggiunto, magari premiando brand etici o con una filosofia ben identificata, magari privilegiando case cosmetiche in grado di supportare maggiormente il business con comunicazione, formazione ecc. Si tratta di prendere decisioni talvolta forti, che potenzialmente possono generare delle mancate vendite, ma viceversa possono risultare premianti perché permettono di rendere l’offerta ottimale, eliminando ridondanze e colmando gap, di ridurre gli stock, di migliorare al servizio al clientela, di differenziare la propria proposta da quella della concorrenza e, perché no, anche di accrescere la redditività. Bisogna tornare a scegliere per il cliente e per il proprio business. C’è chi tra Douglas e Chanel l’ha già fatto…