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Aria di cambiamento

Nuovi profumi destinati a diventare successi nei prossimi mesi, nuovi manager alla guida delle diverse divisioni e un nuovo approccio al trade. A un anno dal suo insediamento, Patrizio Stella, amministratore delegato country general manager di Lvmh Profumi & Cosmetici, ci racconta le priorità del gruppo e gli obiettivi a medio termine

Da Fendi Furiosa a L’Homme Ideal di Guerlain, dal nuovo pillar di Kenzo – Jeu d’Amour – a Dahlia Divin di Givenchy, senza dimenticare la nuova campagna pubblicitaria di Dior. L’autunno di Lvmh Profumi & Cosmetici si apre con molti progetti importanti, che puntano a conciliare la capacità di innovare del gruppo con l’heritage dei suoi marchi. Ne abbiamo parlato con Patrizio Stella, amministratore delegato country general manager, che ci ha raccontato le priorità del gruppo nel medio periodo e ha fatto il punto su quanto già realizzato nell’arco dell’ultimo anno e quanto ancora c’è nella sua agenda di lavoro, anche in termini di collaborazione con il trade. “Nel medio e nel lungo termine la nostra priorità è sicuramente continuare a far crescere individualmente ciascuno dei brand che compone il portafoglio della divisione Profumi & Cosmetici di Lvmh. Questo facendo leva sulle variabili fondamentali su cui stiamo investendo ormai da anni: da un lato la qualità e dall’altro il prestigio, attuando di pari passo un ampliamento e un upgrade del nostro parco clienti”.

Cosa intende con upgrade del parco clienti?

Noi, come del resto tutta l’industria del lusso nell’ambito del beauty, ci rivolgiamo a una fascia di clientela premium. Vogliamo accompagnare questi consumatori alla scoperta di una qualità sempre crescente e allo stesso tempo fare cultura, in modo tale da accrescere il numero di clienti in grado di apprezzare i prodotti realmente qualitativi. Per questo motivo uno dei temi sui quali abbiamo lavorato maggiormente nel corso degli ultimi anni e su cui vogliamo continuare a lavorare è quello che definiamo storytelling: raccontiamo la storia di qualità di ciascun prodotto, oltre alla filosofia e al Dna del brand che lo ha creato; accompagniamo i consumatori nella scoperta dei nostri marchi.

Avete altre priorità?

Abbiamo un focus particolare sui profumi, in modo trasversale ai diversi brand. Puntiamo a essere riconosciuti come maison de parfum, prima ancora che come house of beauty. Un’ultima priorità tocca il punto vendita: vogliamo che la profumeria offra tanta qualità ma anche leggerezza e divertimento.

A proposito di profumi. L’autunno porta novità importanti in questo asse per Fendi, Givenchy, Guerlain, Kenzo. C’è un nuovo profumo anche nel futuro di Dior?

Non le posso anticipare nulla, ma del resto c’è sempre un nuovo profumo nel futuro di Dior. Basti pensare ai recenti successi di Miss Dior Blooming Bouquet, che ha riscosso grandissimo consenso anche grazie a una testimonial come Natalie Portman, di Dior Homme Cologne Eau de toilette, un progetto importante che François Demachy aveva nel cassetto da un po’ di tempo e che si è concretizzato nei mesi scorsi, e di Cuir Cannage, fragranza esclusiva lanciata nell’ambito della linea Collection Privée. Dior è sinonimo di profumo e di conseguenza ci saranno molte novità in questo ambito anche nel futuro.

Il portafoglio brand di Lvmh è molto ampio. Quale pensa sia il marchio dal potenziale ancora inespresso? E in che modo intende valorizzarlo?

Come un buon padre di famiglia nei confronti dei propri figli, faccio fatica a esprimere una preferenza in termini di potenzialità nei confronti di un marchio piuttosto che di un altro. Sono convinto che nessuno dei nostri brand abbia ancora raggiunto la maturità nel proprio ciclo di vita, bensì sono ancora tutti in una fase espansiva. Lo dimostra, per esempio, il fatto che Dior negli ultimi due anni ha guadagnato importanti quote di mercato e continuerà a farlo anche nel 2014; e Guerlain sta vivendo una profonda trasformazione, proponendo continue novità pur nel solco della tradizione, come la nuova fragranza maschile L’Homme Ideal, già numero uno sul mercato francese (al momento in cui realizziamo l’intervista la fragranza non è ancora stata lanciata in Italia, ndr). L’autunno sarà molto caldo anche per Givenchy e Kenzo che stanno immettendo sul mercato profumi e progetti di grandissima qualità. Se dovessi proprio menzionare un brand ad alto potenziale, direi Fendi, che si caratterizzerà per un quadrimestre particolarmente importante, che potrebbe definitivamente lanciarlo come stella nel firmamento delle maison de parfum. Fendi Furiosa rispecchia appieno i valori del marchio e sarà valorizzato con progetti ed eventi rilevanti e con una significativa visibilità sui punti vendita. Abbiamo, infatti, puntato su materiali di comunicazione emblematici rispetto alla marca e molto coerenti con tutto ciò che Fendi rappresenta in termini di universo. Noi ci crediamo molto, crediamo che questo possa essere il turnaround per Fendi e ci fa molto piacere che il trade ci stia seguendo bene nella sua valorizzazione.

Conciliare tradizione e modernità con prodotti e servizi di qualità è il concetto guida dei diversi brand di Lvmh. Ma allo stesso tempo è anche il percorso che dovrebbe seguire la profumeria italiana per rinnovarsi. Cosa ne pensa?

Mettere insieme tradizione e modernità così come facciamo con i nostri marchi è un concetto sicuramente valido anche in ambito distributivo e penso che il retail italiano abbia il potenziale per evolvere in questa direzione. Se dovessi dare un consiglio alla profumeria, direi di osare un po’ di più, puntare sull’innovazione seguendo le preferenze e i gusti della clientela. Nel corso di quest’anno, nel quale ho frequentato un po’ più da vicino il mercato italiano, sono stato coinvolto nei progetti di cambiamento messi in atto da alcuni attori del trade. Non sempre questi progetti mi vedono totalmente d’accordo, ma in ogni caso apprezzo la volontà di realizzare delle proposte differenti, di elaborare dei format inediti. Il mio rammarico è che, purtroppo, troppo tempo viene dedicato a discussioni di importanza relativa, quali i margini e i premi e troppo poco, invece, a parlare di strategie e a condividerle. Mi piacerebbe che parlassimo un po’ di più prima, un po’ più a lungo e con maggiore trasparenza relativamente ai progetti che tutti noi intendiamo mettere in atto.

Manca la volontà di dialogare oppure semplicemente manca l’abitudine?

Da un lato credo che ci sia un eccessivo focus sul breve termine. E purtroppo i grandi progetti di cambiamento difficilmente possono essere realizzati nel breve termine, perché è evidente che ogni investimento presuppone rischi e tempi di realizzazione un po’ più lunghi. Dall’altro lato penso che non ci sia grande attitudine al confronto tra le due parti della barricata, il trade e i marchi, nel progettare insieme nuove idee, attività ed eventi. Questo non significa mescolare le responsabilità, ma parlare delle iniziative con anticipo, raccogliere eventuali suggerimenti e ritarare il tutto sulla base delle indicazioni.

Molti brand, tra cui Dior e Fragrance Brands, hanno puntato sulla partnership con il retail per costruire progetti ad hoc per i singoli lanci o brand. Che cosa pensa si possa fare per rendere questa “alleanza” ancora più forte?

Ci piace avere un approccio “sartoriale”. Per il futuro vorremmo poter dialogare ancora di più, rispetto a quanto fatto oggi, con i nostri clienti e in massima trasparenza per chiarire le nostre aspettative reciproche. È fondamentale che il retail ci dica con chiarezza cosa ritiene che noi dobbiamo rappresentare per la sua realtà e viceversa noi esprimere qual è il ruolo che quello specifico retailer riveste nella nostra strategia. Parlarsi chiaro fin dall’inizio permette di costruire la relazione su basi più solide e creare progetti ancora più efficaci ed efficienti.

Nel breve termine molti retailer si sono opposti alla crisi dei consumi con una strategia di sconti e tagli prezzo che però nel lungo periodo potrebbe essere controproducente.

Tutti siamo d’accordo sul fatto che i tagli prezzo abbiano un effetto negativo sulla profumeria. Questa strategia – che oramai si protrae e, ahimè, non solo in Italia, da anni – ha una sola conseguenza: abbassare la percezione qualitativa di un’industria che fa della selettività il proprio punto di forza a vantaggio di nuovi entranti che privilegiano solo il prezzo. Negli ultimi anni abbiamo assistito così a una sostanziale perdita di competitività dell’industria selettiva e una crescente conflittualità tra tutti gli attori. Se il posizionamento di prezzo di un prodotto e di un marchio non è quello giusto, è doveroso che si facciano delle riflessioni per farlo cambiare ma non che si attuino tagli indiscriminati, altrimenti si corre il rischio di creare solo confusione nel consumatore. La continua attesa del ribasso di prezzo porta sempre meno persone all’interno del negozio e genera una tendenza all’erraticità nei consumi: si compra solo dove c’è lo sconto.

Data la sua esperienza, quale pensa che siano i punti di forza della profumeria italiana e quali quelli di debolezza?

Credo che la tradizione – intendendo con ciò il fatto che spesso il titolare e la commessa accompagnano o hanno accompagnato più generazioni di clienti, di cui conoscono in modo approfondito le esigenze – sia un grande punto di forza. Altri fattori di successo della profumeria italiana sono la capillarità e la conoscenza del territorio e la dimensione contenuta delle realtà distributive che permette ai titolari di esercitare un controllo diretto e quindi di comunicare entusiasmo e motivare il personale addetto alla vendita. Tutti questi plus non sono pienamente riscontrabili all’estero dove le catene giocano la parte del leone. È evidente però che tutto ciò si porta dietro anche elementi di debolezza: quando si ritiene di conoscere molto bene i propri clienti si corre il rischio di essere tentati di ripetere continuamente la ricetta che ha funzionato negli anni precedenti, non cambiando mai, il che non è possibile. Inoltre altro rischio è ragionare solo a breve termine, perché le realtà distributive indipendenti per loro caratteristiche strutturali non hanno talvolta le risorse finanziarie per realizzare investimenti di lungo respiro, ma le progettualità hanno bisogno di tempo per essere testate, implementate e migliorate. Eppure negli ultimi mesi abbiamo letto sulle pagine dei giornali di realtà come Luxottica, Illy e Campari – e nel nostro gruppo Fendi, Bulgari e Loro Piana – che, nate come piccole imprese, sono riuscite a diventare realtà internazionali di successo. La volontà di lavorare su progetti di lungo periodo, deve essere un obiettivo da perseguire non solo dagli imprenditori ma da tutto il Paese.

Ci sono stati molti cambiamenti nel management di Lvmh, da ultimo la nomina di Corrado Raimondi alla guida della divisione Fragrance Brands. Come si compone oggi la nuova squadra?

Abbiamo fatto non pochi cambiamenti nel corso degli ultimi 12 mesi, abbiamo modificato quasi l’80% dei nostri top manager di riferimento negli avamposti commerciali. Oggi sono soddisfatto perché abbiamo costruito una squadra completa, dove c’è una forte contaminazione di culture ed esperienze. Nella nuova squadra abbiamo integrato persone di settori diversi, “italiani da esportazione” e “stranieri da importazione”. Al di là delle posizioni più visibili e più a contatto con il trade – stiamo investendo in quella che in ambito calcistico si definisce “cantera” -, stiamo “allevando nuove generazioni di giovani” che formiamo e motiviamo per il presente e per il futuro del nostro gruppo. Penso che sia molto importante lavorare sui “vivai” e che questo risponda al ruolo sociale che le grandi aziende devono avere: formare nuovi giovani italiani che daranno sì un vantaggio all’azienda ma anche al Paese.

A distanza di un anno dal suo insediamento quali sono gli obiettivi già conseguiti e quali le sue priorità per il futuro?

Tra gli obiettivi che mi ero posto al momento del mio insediamento c’erano sicuramente la creazione di una squadra forte ed eterogenea e il tentativo di innovare le strategie dei diversi marchi. Le priorità ulteriori sono: definire ancora meglio le identità dei nostri marchi, chi sono, che cosa promettono, che clienti vogliono raggiungere e come vogliono farlo; continuare a costruire una squadra forte e motivata, perché penso che per ogni azienda il fattore umano sia fondamentale; infine costruire una relazione ancora più propositiva e lungimirante, nel rispetto dei ruoli reciproci, con tutti gli operatori del settore. Nonostante la mia carriera mi abbia portato lontano dall’Italia negli ultimi 15 anni, mi sento profondamente italiano e avverto oggi un nuovo sentimento, più positivo rispetto al passato: credo che il futuro del nostro Paese possa e debba ripartire dall’industria del lusso.

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