“Le nostre priorità sono la qualità del prodotto, la sua onesta e la maniera giusta per distribuirlo”. In un anno davvero intenso per la profumeria italiana, Luca Mazzoleni, direttore generale di Arval, parla della situazione del retail e di quali siano le strategie per il futuro.
Il 2013 è stato definito l’annus horribilis della profumeria e non è ancora finito. Come l’avete affrontato?
Già nel 2012 avevamo avuto la percezione poi confermata, che il 2013 sarebbe stato difficile e infatti abbiamo avuto ragione, tra l’altro non vedo segnali evidenti del fatto che ci possa essere, a breve termine, un miglioramento della situazione economica nel nostro Paese e più in generale in Europa. Quest’anno poi anche il clima ci si è messo di mezzo, le vendite dei solari sono partite molto in ritardo rispetto al solito. Ma come le dicevo nel 2012 abbiamo pianificato una strategia che ci ha comunque permesso di essere sereni: abbiamo rilanciato la nostra linea di punta Couperoll, che performa bene e non ha flessioni. Per cercare di fare ancora meglio, l’abbiamo migliorata sia dal punto di vista formulativo sia nel packaging e abbiamo abbassato il prezzo di vendita al pubblico: penso sia un segnale importante da dare soprattutto per rispetto verso i nostri consumatori. Inoltre riforniamo le profumerie con tester e campioncini in modo da poter far provare la qualità dei nostri prodotti.
Mi diceva che è stato un anno diffficile…
Si è vero, ma è anche vero che cresciamo rispetto al benchmark Npd. Questo è però merito delle importanti aperture che abbiamo avuto con clienti profilati Npd, come per esempio Le Profumerie d’Italia. Facciamo nuove aperture di gran qualità, cresciamo sugli Esserbella e su altre realtà pluriregionali di pari prestigio a due cifre, un dato a nostro favore a livello statistico. Ma a parità di perimetro, prendendo in considerazione dei clienti tradizionali, che serviamo da molti anni, in questo momento stiamo soffrendo molto e con noi anche le altre marche. Tra l’altro il dato di Npd non copre tutta la totalità delle profumerie italiane, dove su base annua si registra una perdita del 5%: cosa scoprirei se andassi a monitorarle tutte?
Cosa ne pensa di Le Profumerie d’Italia?
Comprendo i motivi della sua creazione, conosco i partecipanti al progetto e devo dire che sono tutti dei grandissimi imprenditori, speriamo che non sia nato solo per ottenere condizioni economiche più favorevoli ma anche per dare un reale servizio alla clientela. Stanno costruendo un progetto nuovo e coerente con il mercato selettivo italiano della cosmetica. In questo momento stanno attuando una politica di taglio prezzo sui solari di tutte le marche più prestigiose e così facendo hanno dimostrato che diminuendo il prezzo il prodotto si vende, quindi non è vero che c’è disaffezione al canale! Credo che il prezzo sia una componente da valutare attentamente, specialmente in questi ultimi tempi e specialmente laddove, come nei solari, sono stati un po’ gonfiati. Non può però essere una ricetta per il futuro perché per noi la chiave del successo è la qualità (del prodotto e del servizio offerto dal negozio). Non sto dicendo che sia una regola da applicare sempre, però tagliare i prezzi ha funzionato, perché ha fatto comunque entrare consumatori in profumeria, il che non esclude che oltre ai solari poi abbiano acquistato anche altro, apprezzando magari il servizio.
Che distribuzione avete? In quante porte siete presenti?
Oltre 2.000 porte con i solari, oltre 700 porte con la cosmetica e poco meno di 500 porte con il make up. Siamo presenti con i solari su Limoni, Gardenia e Douglas. Le Profumerie d‘Italia ci ha dato visibilità con i solari su tutti i suoi punti vendita, anche quelli su cui prima non eravamo presenti. Credo che, per quanto riguarda il comparto solari, dati i tempi questa sia una strategia che paga anche perché poi di troppa selettività si muore!
Non dover rispondere a un board di azionisti vi garantisce maggiore libertà ma ora con uno scarso accesso al credito e di ridotta liquidità può essere limitante…
Certamente il fatto di non avere al nostro interno dei fondi di investimento o dei soci ci costringe a focalizzare tutte le nostre energie su quelle che noi consideriamo le nostre priorità e cioè la qualità del prodotto, la sua onestà e la maniera più giusta per distribuirlo. Non possiamo permetterci investimenti pubblicitari da milioni di euro, che sicuramente ci farebbero comodo dandoci quella maggior visibilità che ci permetterebbe di far crescere un marchio consolidato come il nostro nella maniera che meriterebbe. Vogliamo crescere dal punto di vista distributivo e di fatturato per entrare tra i primi 15 nella classifica di Npd, come credo che ci meritiamo. Ma non vogliamo fermarci in Italia. Dico in Italia, perché per quanto riguardo l’estero abbiamo un progetto export nel quale crediamo molto.
Mi può anticipare qualcosa?
Ci stiamo muovendo per distribuire in Russia, Spagna e Asia. L’idea è quella di appoggiarci a dei distributori in Russia, mentre per la Spagna stiamo pensando di distribuire direttamente siglando un accordo con una catena di profumerie. Abbiamo trattative anche con Hong Kong.
Quali saranno le vostre mosse per il prossimo semestre?
Abbiamo in programma il rilancio della nostra linea per pelli giovani: a settembre proponiamo Puractiva a un prezzo molto basso, dai 19 fino ai 29 euro, che è un po’ la nostra risposta a chi si chiede come mai i giovani non frequentino più la profumeria.
Oltre al rilancio di Puractiva avete in programma altro?
Faremo delle iniziative su Couperoll e per la prima volta realizzeremo dei cofanetti natalizi sia uomo sia donna che come prenotazioni stanno andando molto bene. È una promozione che serve sia a farci conoscere sia a gratificare i nostri consumatori abituali.
State diventando molto popolari tra le blogger…
Abbiamo dedicato risorse e investimenti al web, ci siamo fatti conoscere e siamo molto contenti che, semplicemente proponendo il nostro prodotto, le blogger abbiano fatto una valutazione molto positiva, vuol dire che c’è una riconoscibilità del marchio molto sottostimata da parte del nostro primo cliente e cioè il concessionario, che ci filtra non proponendoci al consumatore finale. In Italia si lavora ancora poco per merito e molto per amicizia, abbiamo ancora un mercato gestito ancora in larga parte in maniera familiare, poi non ci si può lamentare se le referenze non girano e i prodotti non escono!
Marchio italiano con produzione in Svizzera è ancora sostenibile?
È un nostro punto di forza, un plus comunque ancora molto ricercato in alcuni Paesi, e poi possediamo i laboratori e lì abbiamo un know how importante, frutto di decenni di esperienza e di continui investimenti su ricerca e sviluppo che ci hanno portato a ottenere tutte le certificazioni Iso e di recente la più importante certificazione Gmp (Good manufactoring practice). È chiaro che diventa sempre più costoso, a partire dal costo del lavoro che in Svizzera è molto alto – oltre ai costi di trasporto c’è la dogana sull’imballaggio e sul prodotto finito, poi lo stato ci fa anticipare l’Iva – però così siamo sicuri di avere il miglior prodotto possibile grazie alla qualità che imponiamo all’azienda e poi Arval è sinonimo di Svizzera, basti pensare al logo. Abbiamo veramente una qualità eccezionale a partire dal pack. Il vasetto è realizzato da Bormioli su stampo nostro, l’astuccio è stampato da Cosmografica Albertini, una delle migliori aziende in Italia, e le nostre creme hanno una qualità riconosciuta: altrimenti non saremmo sul mercato da 60 anni.
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