“Se fossimo giocatori di tennis, direi che dobbiamo giocare ogni palla, senza fermarci per tirare il fi ato. È un tiebreak permanente, si può vincere o perdere a ogni colpo”. È così che Christian Laurent, amministratore unico di Clarins Italia, descrive il diffi cile momento che sta attraversando la profumeria. “Certamente gestire un’azienda in un mercato che decresce è completamente diverso dal farlo in una situazione di prosperità, perché lo stress quotidiano per prendere qualsiasi decisione è molto elevato. Ma le difficoltà obbligano a porsi nuovi interrogativi e a reagire; la cosa peggiore è stare fermi; così si perdono le opportunità” aggiunge il manager.
L’ascolto del consumatore è una delle priorità per Clarins. Che cosa dicono oggi, dopo mesi difficili, gli italiani?
In realtà in questi mesi non abbiamo “ascoltato” nulla di nuovo, non c’è stato alcun cambiamento drastico; l’unica differenza rispetto al passato è che – il cambio di governo, prima, l’aumento dell’Iva e l’introduzione dell’Imu, poi – hanno inciso sulla capacità di spesa dei consumatori. Inoltre, stampa e Tv danno eco a questa crisi e quindi, anche dal punto di vista psicologico, il consumatore è meno propenso all’acquisto. In questo clima di incertezza le persone hanno maggior bisogno di sicurezza, valori condivisi e radici. Dopo l’epoca del bling bling ora è il momento dell’autenticità, dell’etica e del rispetto. Non è un caso, quindi, il successo di Hermès – che nel tempo è rimasta fedele a se stessa – né quello di Clarins, che a livello mondiale sta crescendo nonostante siano trascorsi 50 anni dalla sua creazione. Non so se si tratta di fenomeni passeggeri oppure se siamo di fronte a cambiamenti che riguardano stile di vita e società, ma ora più che mai è necessario comprendere le priorità del consumatore per tornare a farlo sognare, per fargli tornare la voglia di entrare in profumeria. Purtroppo oggi agli occhi dei consumatori risultiamo talvolta noiosi.
Perché? Perché facciamo sempre le stesse cose o siamo tutti omologati?
È difficile da dire, perché tutti cerchiamo sempre di fare il meglio. Ma forse l’industria ha fatto troppo: troppe iniziative, che disorientano, troppi lanci (anche se sono necessari) con poca innovazione, poco fascino. La distribuzione è stata sommersa da prodotti e ha avuto difficoltà prima a selezionare, poi a costruire e perseguire una strategia chiara sul singolo segmento. È molto complicato, sono necessarie strategie definite e il coraggio di attuarle, nonostante i rischi. Ancora di più in un mercato frammentato come quello italiano, in cui nessuno ha la possibilità di “imporre visioni” e investire in modo decisivo.
Però forse qualcosa si sta muovendo, le catene regionali indipendenti stanno provando a creare un superconsorzio per fare insieme trattative commerciali, comunicazione, formazione ecc.
La necessità di strutturarsi è un bisogno evidente. E il fatto di mettere intorno a un tavolo persone di qualità è sicuramente un passo avanti. Quando le discussioni sono intelligenti, nascono sempre buone idee. Dal 2001 il nostro settore decresce in volume e sono diminuiti i consumatori che entrano in profumeria: questo vuol dire che da dieci anni abbiamo perso capacità d’attrazione. Clarins è il marchio numero uno a volume nel comparto del trattamento selettivo; il profumiere sa che se investe su Clarins le persone entrano e rientrano in negozio perché fidelizzate. La qualità dei nostri prodotti è inconfutabile e il prezzo è giusto. Vorrei avere più spesso l’opportunità di parlare di volumi e non di valore, perché questo significa parlare del consumatore…
Prima parlava della necessità di far sognare il consumatore. Il business delle spa ha questo obiettivo?
Non si tratta solo di far sognare, ma anche e soprattutto di entrare in sintonia con i desideri e le aspettative dei consumatori. Nasciamo in Istituto, i nostri trattamenti seguono protocolli ben definiti e sono applicati con una gestualità unica, il Clarins Touch, che è parte del nostro Dna. È per questo che abbiamo deciso di creare delle Spa Destination, cabine di trattamento all’interno di poche e selezionate profumerie; e siamo main partner dei centri benessere Beautyness nei villaggi fitness Virgin Active nelle più importanti città italiane, che in media hanno tra i 4 e i 5mila tesserati, di cui la metà donne. Questo ci permette di avere una “miniera di informazioni” su possibili clienti e incrementare in modo significativo il nostro potenziale di reclutamento.
Lo scorso anno avete realizzato un’analisi sul consumatore da cui è scaturito un progetto di category management sullo skincare in cui avete coinvolto i retailer. A che punto siete?
Sicuramente la ricerca sulle consumatrici da cui è scaturito tutto il progetto è stata molto utile per ridefinire le nostre strategie, a diversi livelli. Abbiamo infatti messo a punto nuove strategie in termini di campioni, tester, formazione, merchandising etc. Oggi abbiamo le idee più chiare su alcuni aspetti per i quali in passato avevamo solo “sensazioni”. Lo sviluppo del progetto con i retailer sta andando avanti, anche se è un percorso necessariamente lungo: ci vuole del tempo affinché iniziative di questo tipo siano capite e condivise delle persone.
E ora è entrato della testa del retailer?
Da settembre alcuni gruppi ci hanno chiesto di lavorare insieme per ripensare l’offerta skincare. Se l’alcolico regge, vivendo al ritmo dei lanci e della notorietà dei brand che li effettuano, nel trattamento sembra ci sia una generale rassegnazione. Eppure questo asse appresenta il 36% del mercato. Perché rinunciarci? Perché accettare che il segmento corpo o solare sia privilegio di altri circuiti? Senza dimenticare che lo skincare è ciò che distingue il canale selettivo dagli altri, e che più fidelizza, perché è lì che il consiglio fa la differenza. Inoltre è anche l’asse permette maggiormente di “lavorare” sugli acquisti aggiuntivi. Questo dato emerge dal nostro studio consumatori. Ma onestamente, non è più possibile trattare 17 brand in 20 mq: ci sono logiche di quota di mercato, di qualità, di posizionamento che devono emergere; noi aiutiamo i retailer a fare ciò. Penso che questo sia un grandissimo valore aggiunto che offriamo.
Quest’autunno non avete lanciato novità, ma riportato all’attenzione dei consumatori l’offerta che già avevate. Che risultati state conseguendo con questa iniziativa?
Per noi la prima evidenza è che un prodotto sconosciuto ad una consumatrice risulta essere una novità per lei. E il catalogo Clarins è molto ampio e completo, perché siamo sia generalisti sia specialisti. Peraltro da sempre Clarins non lavora nella logica di “lanciare un prodotto tanto per farlo”. Oggi preferiamo concentraci sulla riscoperta del nostro catalogo con iniziative di comunicazione e promozione che portino all’attenzione delle consumatrici prodotti già presenti nella nostra offerta. Presentiamo infatti novità solo quando la formulazione o il packaging sono realmente innovativi per il consumatore, frutto della ricerca. È una strategia che mettiamo in atto a livello globale e che fidelizza a lungo periodo. Possiamo farlo perché la nostra società, non essendo quotata in Borsa, lavora in funzione di strategie a lungo termine. La famiglia proprietaria ha due fissazioni: la qualità dei prodotti e la leadership mondiale.
Questo non danneggia il fatturato?
Non lo danneggia perché il brand ha basi molto solide in Italia, essendo già passato da una logica di sell in a una di sell out. Infatti chiudiamo bene il 2012 nel contesto dell’attuale crisi economica. Certamente non registriamo lo stesso tasso di crescita di Cina o Russia, ma abbiamo accresciuto la nostra quota di mercato, il che è fondamentale perché sono qui per creare valore per l’azienda.
L’obiettivo di Clarins entro i prossimi quattro anni è di diventare i numero uno in Italia e i numeri uno del mondo…
A fine agosto, secondo i dati Npd eravamo il terzo brand in valore sul mercato. Siamo il marchio selettivo che vende più pezzi in Italia e la nostra battaglia è continuare a crescere non solo in volume ma anche in valore; questo significa che stiamo reclutando e fidelizzando nuovi consumatori, i due pilastri sui quali si costruisce la solidità di un brand nel tempo.
Ci può anticipare quali saranno i vostri focus nel 2013?
Negli ultimi anni ciò che ha realmente riscontrato l’interesse dei consumatori, facendo crescere il mercato, sono stati i gift set – e su questo stiamo lavorando – e i sieri viso, che negli ultimi due/tre anni hanno performato bene. Nel 2013 lanceremo subito un siero viso, o meglio un doppio siero viso, con un’efficacia senza paragoni in un packaging tecnologico. Inoltre, a marzo, seguendo la regola della “formula aperta Clarins”, proporremo una nuova generazione di Lift Minceur, oggi numero uno sul mercato degli anticellulite. Il resto del piano marketing verterà su azioni a sostegno del catalogo. Torneremo a proporre l’operazione “7 Meraviglie” che ha già riscosso un enorme successo.
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