Trent’anni passati nelle vetrine delle profumerie, Francesco e Marco Mattavelli, presidente e amministratore delegato di Studio FM, parlano di un certo modo di intendere la profumeria, fatto di cura del dettaglio e professionalità
Dal vostro punto di vista privilegiato, 20.000 allestimenti all’anno in tutta Italia, com’è cambiata la profumeria?
FM: Ovviamente posso rispondere dal punto di vista dell’immagine e delle mie sensazioni. In passato andare in profumeria era un regalo, una meta a cui ambire. Quando ho cominciato a lavorare le profumerie erano boutique esclusive, ora molte assomigliano a bazar. Approfittando del momento favorevole, a partire dagli anni ’90, alcuni retailer, infatti, hanno voluto allargare il proprio bacino d’utenza, copiando dalla grande distribuzione e, approciando il libero servizio, il risultato è che ora ci ritroviamo con punti vendita omologati, senza valore aggiunto, senza quel qualcosa in più che rendeva l’acquisto un vero momento speciale.
MM: Penso che sia necessario che industria da un lato e distribuzione dall’altro facciano una selezione. Adesso si sta abbassando il livello senza abbassare i prezzi, ma credo che sarà l’utente stesso a selezionare i punti vendita. Paradossalmente si stanno qualificando le profumerie in provincia; quelle storiche, che stanno vivendo una seconda giovinezza perché sono diventate i luoghi privilegiati dell’acquisto importante, dove il consiglio è ancora parte fondamentale della shopping experience. Un ritorno alle origini dove non c’è la massa omologata e dove c’è grande attenzione all’ambiente che è ancora in grado di fare la differenza. Il prodotto è spesso lo stesso, ma se è proposto con cura e attenzione nella giusta cornice non viene massificato, anzi, riacquista l’allure esclusiva che accanto ai cestoni delle offerte si era un po’ persa.
La vetrina ha ancora un ritorno oppure anche questo settore è destinato a evolversi?
FM: Ancora oggi nonostante le riduzioni di budget e i tagli di bilancio la nostra società è un’eccellenza, fornisce soluzioni, dà quel valore aggiunto che spesso oggi manca. Ci si adatta con i costi trovando soluzioni sui materiali, sempre di pregio e di immagine ma di minor durata, non si riciclano quasi più le vetrine. Ci spiace però vedere le aziende inviare cartelli di grandi dimensioni per sostituire il nostro operato. Il più delle volte non vengono nemmeno messi in vetrina perché i punti vendita strategici sono di solito già presidiati e negli altri gli spazi sono da suddividere fra tante case cosmetiche. Tutti questi materiali finiscono in un angolo oppure sono esposti dopo due o tre mesi a campagna già conclusa. Che senso ha fare questi investimenti? Tanto vale spendere in maniera più mirata in servizi che davvero riescono a dare visibilità, con la sicurezza che il servizio da noi svolto certifica l’occupazione degli spazi nei tempi e nei modi stabiliti.
La massificazione della comunicazione è un dato di fatto, non si rischia di avere punti vendita identici?
FM: Facciamo parte di una catena che vede la comunicazione spalmata a tappetto su tutti i media in momenti particolari dell’anno e queste sono strategie che non decidiamo certo noi. Credo che la vetrina abbia l’indiscusso vantaggio di non essere virtuale ma reale, fa già toccare il prodotto, lo rende tangibile e il possibile acquirente già bombardato da tutte queste informazioni virtuali, vedendo il prodotto in vetrina ha tutta una serie di informazioni pratiche e reali che lo possono spingere al passo successivo, cioè quello dell’acquisto. Una volta che il potenziale cliente, tramite la vetrina, è stato convinto a oltrepassare la soglia, può ancora essere condotto all’acquisto grazie a visual, out post – presidiati da promoter o visagisti – o ancora totem interattivi che sanno parlare autonomamente del prodotto ecc.
MM: Certo che sarebbe bello fare vetrine customizzate sulle specificità di ogni singolo punto vendita, ma i limiti logistici e organizzativi sono troppi. C’è da dire che comunque una campagna vetrine costa un terzo di una stampa e garantisce un numero di contatti veramente alto. Ma già oggi i nostri vetrinisti lavorano di concerto con il profumiere e senza mai stravolgere l’immagine dell’azienda riescono ad adattare la vetrina ai gusti e alle specificità territoriali di ogni parte d’Italia. Negli ultimi tempi poi, oltre alla campagna vetrina classica, quella che fa i grandi numeri in occasione per esempio di lanci, si stanno affiancando anche vetrine apposite studiate singolarmente su punti vendita specifici, posizionati in luoghi strategici per superfici a disposizione e numero di contatti visivi. Qui possiamo usare infinite strategie di comunicazione: luci ed effetti luminosi, elementi in movimento e quanto altro la nostra creatività ci suggerisce, per fare di una vetrina o di un’area in un department store, un vero spettacolo volto a enfatizzare il prodotto. Questa strategia, pur mantenendo inalterata l’immagine, permette di evitare le massificazioni.
C’è qualche suggerimento che vorrebbe dare alle aziende?
FM: Un’osservazione che mi sento di fare riguarda la creatività che si è un po’ appiattita, vuoi che le aziende dipendono ormai sempre più dall’internazionale, ma su un territorio così frammentato come quello italiano, dove l’immagine della vetrina conta ancora, molto si potrebbe fare per restituire un po’ di quel calore e di quella emozione che negli anni si è andata persa. Noi, a questo scopo, stiamo proponendo arricchimenti delle vetrine con vetrofanie che enfatizzano ancora di più il prodotto, con basamenti e fondali che facciano emergere il kit, questo viene apprezzato dall’internazionale che poi “esporta” le nostre idee anche in altri mercati.
MM: Concordo sulla creatività. Molti negozianti si lamentano che in periodi tradizionali come il Natale, venga loro proposta una vetrina nera formata da un cartello e basta! Tutto questo manca di quella tradizionalità e di quella cultura d’immagine e di sensazione che siamo abituati a trasmettere nelle nostre vetrine creative. D’altra parte chi si è fatto un’immagine del suo prodotto non vuole vederla stravolta. Il nostro difficile compito diventa dunque quello di sviluppare una creatività che salvaguardi entrambe le esigenze, trovando un giusto compromesso.
FM: Un ultimo suggerimento che mi sento di dare alle aziende è: affidate l’attività di immagine nei punti vendita a professionisti e non a improvvisatori. Anche un semplice kit vetrina nelle mani di un professionista che sa trovarne la miglior valorizzazione fa la differenza. Oggi vediamo molte agenzie improvvisate che propongono sì costi minori, ma mandano poi nei punti vendita personale reclutato all’ultimo momento, impreparato, che oltre a non curarsi minimamente dell’immagine ha come unico obiettivo quello di “fare in fretta” per poter effettuare più allestimenti possibili nell’arco di una giornata per contenere le spese, date le bassissime tariffe che gli vengono riconosciute. Se a monte questa scelta viene fatta per contenere i costi, si rivela poi a valle un boomerang con un danno enorme per l’immagine dell’azienda stessa.
Cosa ne pensate dell’high tech ?
MM: Le nuove tecnologie se usate in maniera corretta potrebbero portare valore alla profumeria, ma è impensabile che possa bastare uno schermo per fare una vetrina, ci vorrà sempre un supporto, un “vestito” che lo qualifichi, oltre all’esperienza di un team che sappia sempre adattare all’ambiente che trova ogni realtà virtuale.
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it