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Dmo e la sfida per una nuova profumeria

Lamentano la mancanza di un’industria cosmetica con cui dialogare, ma non si danno per vinti. Fabio e Annalisa Celeghin, titolari di Dmo lanceranno entro fine anno un nuovo format di profumeria, giovane, fresco e luminoso
“Investiamo per studiare concept innovativi, elaborare proposte nuove, inserire merce e personale preparato nei punti vendita; e l’industria continua a riposizionare i brand e i prodotti verso l’alto, ad aumentare i listini. Come possiamo proporre un 100 ml di profumo a 90 euro? Quanto rappresenta questa cifra sullo stipendio di un operaio? Quando giungeremo ad avere 15 scontrini al giorno e venderemo la merce solo ai turisti russi e cinesi in visita in Italia, le case cosmetiche saranno contente. Certe volte ci sembra di essere dei don Chisciotte e di lottare contro i mulini a vento perché non abbiamo un interlocutore con cui è possibile dialogare. Il mercato decresce. Se questi signori non capiscono ciò, il futuro della profumeria è triste” afferma Fabio Celeghin, amministratore delegato di Dmo, società cui fanno capo le profumerie Beauty Star e Determarket, oltre ai casa toilette Cad e alle superfici specializzate nel pet care Isola dei Tesori. “L‘industria è immobile, non manda alcun segnale di reazione. Forse alcuni hanno leggermente ridotto la quantità di prodotti tattici rispetto al passato, ma è necessario attuare un lavoro più profondo. E in ciò non aiuta il turn over manageriale che c’è stato in molte aziende negli ultimi mesi. Questi non sono segnali positivi. Danno l’idea che non ci sia stabilità” prosegue Annalisa Celeghin, responsabile delle relazioni esterne e dell’ufficio stampa Dmo, nonché presidente della neonata Fondazione Giovanni Celeghin, che raccoglie fondi per la ricerca sulle malattie oncologiche. È questa la visione disincantata e un po’ delusa della profumeria di due giovani imprenditori che hanno creduto e continuano a credere nella profumeria, reinventando il proprio modello di business.La mission di Dmo è aprire negozi “italiani”, coordinati da “italiani”, con un approccio e una cultura “italiana”. In che modo si concretizza tutto ciò?Fabio Celeghin: La nostra filosofia è fortemente italiana, perché offriamo qualità e lungimiranza. Siamo attenti ai dettagli e curiamo il rapporto con il consumatore. Il nostro prodotto è pensato da italiani, non da multinazionali straniere, per italiani. Questo sarà particolarmente evidente nel nuovo format che lanceremo nelle profumerie Beauty Star.Che caratteristiche avrà questo nuovo format?Fabio Celeghin: Abbiamo pensato che fosse giunto il momento di rinnovare in modo profondo la profumeria in tutti gli ambiti: l’arredo, l’esposizione dei prodotti, la comunicazione in store. Sarà un negozio fresco, dove parleranno di più il prodotto e la luce. Stiamo lavorando a questo progetto da un po’ di tempo e dovremmo aprire il primo punto vendita a Imola entro fine anno.Annalisa Celeghin: Per sviluppare un concetto realmente innovativo ci siamo affidati a tecnici che non hanno nulla a che fare con la profumeria. Sono architetti che non lavorano abitualmente né nel canale né nel settore retail, di conseguenza il loro punto di vista è privo di condizionamenti e preconcetti. Certamente il punto di partenza è stato lo studio delle profumerie già presenti sul mercato, ma in modo non vincolante.Fabio Celeghin: Il problema di questo mercato è che non innova. Non propone nulla di nuovo e non è in grado di attrarre importanti fasce di consumatori, come i giovani, che Kiko ci sta portando via, grazie a negozi di grande impatto visivo e con personale smart e molto preparato, ragazze sveglie e truccate benissimo che sanno realizzare il make up e consigliare.Ci potete raccontare altro del nuovo format?Fabio Celeghin: Non possiamo anticipare molto perché il progetto non è ancora finito. Ma lavoreremo molto sul make up, sottraendolo da una logica di general tester.Lavorerete sul category?Annalisa Celeghin: No, anche perché chi ha provato a farlo non ha raggiunto risultati particolarmente brillanti.Riconquistare i giovani è una sfida importante per la profumeria. In che modo pensate di farlo?Fabio Celeghin: Non possiamo vendere solo referenze a partire dai 50 euro, non possiamo più permetterci di avere un alone patinato da negozio caro e da negozio che vende sogni perché i sogni purtroppo non ci sono più. E non ha più senso continuare a coccolare una micronicchia del mercato che ha possibilità superiori alla media, il business si fa con altri numeri. Ci perdiamo in discorsi relativi a concessioni e non ci accorgiamo che mese dopo mese registriamo perdite sugli anni precedenti.Oltre ai giovani quali sono le altre sfide della profumeria?Fabio Celeghin: Dobbiamo tornare a vendere profumi. Poche persone usano ancora le fragranze. Ma d’altra parte le campagne sono realizzate in periodi mirati dell’anno e poi scompaiono, il modello cui si rifanno è antiquato. Il messaggio è completamente scollegato dalla realtà.Annalisa Celeghin: Il mondo cui la pubblicità si ispira è troppo alto, altissimo. È giusto che ci sia un’aura di desiderio e un concetto di aspirazionalità, ma questo tipo di messaggi sono eccessivi con il risultato di allontanare, invece di avvicinare, i consumatori.Questo per quanto riguarda il profumo. Abbiamo già parlato della partita aperta nel make up con Kiko. E per quanto riguarda lo skincare?Annalisa Celeghin: In profumeria c’è un sostanziale dislivello tra il prezzo e la qualità del prodotto. Questo ha fatto perdere di credibilità un po’ a tutte le marche, avvantaggiando la farmacia, l’erboristeria, ma anche il mass market, che propone prodotti molto innovativi, li supporta con significativi investimenti in comunicazione e offre un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. Non voglio paragonare brand premium a quelli mass, ma non c’è neppure una differenza così abissale. Del resto, qual è stata l’innovazione più importante dell’ultimo anno? La Bb cream ed è stata lanciata da Garnier. Poi tutti gli altri marchi l’hanno seguita con mesi se non anni di distanza.Fabio Celeghin: E poi, se il consumatore vuole spendere un po’ di più rispetto al mass market va in farmacia dove si trova come interlocutore una persona quasi sempre laureata e che indossa un camice bianco. Magari non è preparata come la nostra addetta che segue dieci corsi di formazione all’anno, ma questa persona ha il camice bianco e per il consumatore è una garanzia…Oltre a Beauty Star avete un’altra insegna: Determarket, che mette insieme la profumeria, la parafarmacia e la casa toilette. Quali sono i progetti di sviluppo in proposito?Annalisa Celeghin: Questo progetto è un paradosso perché si tratta di punti vendita che ci stanno dando enormi soddisfazioni dal punto di vista degli ingressi e dall’accoglienza del pubblico. Ugualmente l’industria e le aziende del selettivo si tengono a debita distanza, nonostante l’evidenza di un format innovativo e che funziona.Fabio Celeghin: È un concept nuovo, caratterizzato da un servizio altamente professionale e da grande affluenza, nel quale entrano anche le ragazze più giovani e gli uomini. Quando abbiamo inaugurato il punto vendita di Fano, in un solo giorno abbiamo registrato 3.500 ingressi, una cifra straordinaria per una profumeria. Perché non sfruttare tutto ciò? Ma l’industria non ci segue.Annalisa Celeghin: Anzi, fanno a gara a trovarci dei difetti. Anche aziende che storicamente ci avevano dato fiducia ora stanno facendo marcia indietro. E questo, nella maggior parte dei casi, senza che neppure si siano scomodati per andare a vedere i negozi. Sono gli stessi preconcetti che esistevano negli anni 80 nei confronti della profumeria commerciale. Poi, nel momento in cui si sono resi conto che quel modello funzionava, tutti son voluti entrare.Nel 1989 apre il primo Beauty Star e oggi la rete comprende 44 punti vendita. Quali sono i vostri progetti di crescita?Fabio Celeghin: Non svilupperemo nel settore beauty. Faremo delle ristrutturazioni mirate a partire dal nuovo format, che sarà via via implementato nei punti vendita già esistenti. Non ha senso riversare risorse in un canale che continua a registrare segno negativo, quando ne abbiamo altri che tirano di più su cui ha senso investire.Qual è l’andamento del canale casa toilette?Fabio Celeghin: La crisi sta arrivando anche in questo ambito. Fino alla scorso anno Cad cresceva a doppia cifra. Adesso ci difendiamo, cresciamo poco ma cresciamo. Del resto nei primi due mesi del 2013, anche i discount hanno fatto segno meno. La contingenza economica è tale che nessuno è risparmiato.Oltre a Beauty Star, Determarket e Cad avete anche un’insegna, Isola dei tesori, dedicata al pet care. Quali vantaggi derivano dal fatto di avere un business eterogeneo?Fabio Celeghin: Abbiamo una visione a 360 gradi delle esigenze dei consumatori. Il nostro focus è infatti la cura dei nostri clienti.Annalisa Celeghin: Il fatto di essere presenti in mercati differenti, peraltro, rende ancora più palese l’immobilismo del selettivo. La differenza tra la grande distribuzione e la profumeria c’è sempre stata, ma adesso è ancora più evidente.Fabio Celeghin: Le aziende cosmetiche non si sforzano neppure di sfruttare le sinergie che noi abbiamo tra le profumerie e le case toilette. Non sto dicendo che vogliamo portare la profumeria dentro la casa toilette, ma ci capita di contattare i nostri fornitori e di proporre loro progetti e iniziative proprio in virtù di questa conoscenza che abbiamo del mass market, ma abbiano pochissimi riscontri. Le aziende non sono reattive, sembra quasi che possano permettersi di fare segno meno.Fate anche parte di Consorzio Promotre. Perché?Fabio Celeghin: Ci presentiamo all’industria con un numero più alto di profumerie di quelle che avremmo da soli, facciamo massa critica. Inoltre, un aspetto molto positivo del consorzio è che ci permette di confrontarci continuamente con i nostri colleghi che operano in aree geografiche differenti dalla nostra, con missioni e progetti differenti. Alcuni associati effettuano sperimentazioni nella cosmesi biologica, noi testiamo altro. La condivisione delle informazioni ci permettere di accrescere il nostro know how complessivo.In questo senso, il nuovo format potrebbe essere implementato anche nei punti di vendita degli altri associati?Fabio Celeghin: Certo, noi sperimenteremo il nuovo modello e gli altri, se vorranno, potranno seguirci. Ancora una volta ci rimettiamo in gioco. È un peccato che le iniziative partano solo dal singolo imprenditore, mai dall’industria. Le aziende ci chiedono di fare gli impianti, lanciano un bagnoschiuma e pretendono che noi sottoscriviamo l’ordine per fare fatturato.Annalisa Celeghin: È un gioco al ribasso sempre più difficile perché le novità hanno una minore credibilità, ormai i retailer se ne sono resi conto. Abbiamo buttato dentro un’infinita di prodotti per anni e adesso dobbiamo fare un po’ di pulizia.Fabio Celeghin: Non è un caso se Sephora ha estremamente razionalizzato l’offerta a vantaggio della private label e dei marchi in esclusiva. Insomma il futuro è a tinte fosche….Fabio Celeghin: La profumeria italiana sta vivendo una fase negativa che rispecchia la situazione socioeconomica del Paese e che è molto più grave di quanto i nostri politici ci stanno raccontando. La pubblica amministrazione non è in grado di far fronte ai propri debiti e le tasse continuano ad aumentare. Ora arriverà un’altra stangata per effetto dell’aumento dell’1% dell’Iva e poi ci sarà il rincaro dell’Imu sugli immobili commerciali. Mario Monti diceva che si vedeva la luce in fondo al tunnel…Annalisa Celeghin: Era un treno.Fabio Celeghin: Per questo dobbiamo modificare il nostro format, essere un po’ più promozionali per soddisfare maggiormente le esigenze delle persone. Ora succede che la signora che ha un budget di 50 euro da spendere per sé preferisca farsi fare le unghie o andare in un centro estetico piuttosto che entrare in una profumeria.Qual è il futuro della profumeria indipendente?Fabio Celeghin: La distribuzione moderna, in tutti i settori, ha determinato la scomparsa dei negozi tradizionali. È la storia e la normale evoluzione del mercato. È fisiologico che ad un certo punto l’indipendente capisca che si deve iperspecializzare, crescere a livello di metrature e trovare una propria identità in termini di proposta e di servizio, o ne uscirà battuto.Quanto rappresenta la profumeria sul vostro business complessivo?Fabio Celeghin: Circa il 30%, contro il 45% del petfood e il 25% della casa toilette, su un fatturato complessivo di 215 milioni di euro realizzato con 1.400 dipendenti. Prevediamo che il fatturato si sbilancerà a sfavore della profumeria.Recentemente è nata la Fondazione Giovanni Celeghin Onlus. Ci potete raccontare quali sono le sue finalità?Annalisa Celeghin: La nostra è una famiglia padovana di imprenditori, noi siamo la terza generazione. L’attività è stata avviata da mio nonno e proseguita da nostro padre, che nel 2010 si è ammalato in modo molto grave a causa di un tumore celebrale, il glioblastoma multiforme, e nel giro di 10 mesi è venuto a mancare. L’esperienza di una malattia è deflagrante per la persona malata e anche per la sua famiglia e per la sua comunità; in questo caso ha colpito tutta l’azienda. Per noi, per me e mio fratello, ancora di più perché vivevamo 12 ore al giorno, fra casa e ufficio, di fronte a una malattia tanto grave e a una diagnosi che non ci dava speranza. Così ci siamo chiesti: com’è possibile che esistano ancora malattie incurabili, che non lasciano scampo? Abbiamo poi scoperto che si tratta di una malattia rara e di conseguenza il denaro per la ricerca legata ad essa è molto dosato, essendo limitato (fortunatamente) il numero di persone colpite. Nostro padre ha sempre avuto un occhio di riguardo per la beneficenza, nei confronti della ricerca in particolar modo. Infatti, una delle ultime cose che ha fatto prima di mancare è stata una donazione molto importante alla Città della Speranza, una fondazione veneta che opera prevalentemente nel reparto di oncoematologia pediatrica dell’ospedale di Padova. Quindi abbiamo deciso di ricordarlo in modo coerente con questa fondazione. Il primo progetto è focalizzato proprio sul glioblastoma multiforme, la malattia che ha colpito nostro padre. Coordinato dalla dottoressa Alba Brandes, che è una luminare in Italia e all’estero per questo tipo di patologia, durerà 18 mesi, con un investimento di 75 mila euro, e coinvolgerà l’ospedale Bellaria di Bologna.
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