​​

Gianluca Toniolo: Tempo di bilanci

In attesa di conoscere chi prenderà il suo posto alla guida della filiale italiana di Guerlain, abbiamo incontrato il brand general manager recentemente nominato Licenses Director di Fendi per fare il punto sul brand
A poco meno di quattro anni dalla sua nomina a brand general manager di Guerlain, Gianluca Toniolo lascia la Maison per diventare worldwide licenses director di Fendi, incarico per il quale si occuperà della gestione a livello mondiale della licenza Fendi in molteplici categorie, tra cui: occhiali, fragranze, accessori moda, casa, abbigliamento bambino e al business contract (brandizzazione, a marchio Fendi, dei building più prestigiosi al mondo, attraverso soluzioni di interior design o totali). In attesa di conoscere il nome del suo successore alla guida della filiale italiana di Guerlain, abbiamo incontrato Gianluca Toniolo e gli abbiamo chiesto di fare un bilancio dell’ultimo quadriennio della marca: “Oggi Guerlain Italia è diventata – escludendo la Francia – il secondo Paese in Europa e uno dei primi quattro a livello mondiale per tutta la marca. Il peso e il rispetto che ci siamo guadagnati in Italia, fa sì che molte delle decisioni prese a livello strategico dall’headquarter, nascano solo dopo averle condivise con l’Italia e avendo considerato le esigenze del nostro mercato. Questo contribuisce ad alimentare un circolo virtuoso: se puoi dare un parere importante sulle esigenze del mercato in cui lavori, è chiaro che i prodotti e le strategie che vengono generati vanno tutti ad alimentare i risultati”.Quali risultati avete conseguito in Italia?Per fare un bilancio è necessario prima di tutto guardare i numeri. Le vendite del brand Guerlain negli ultimi quattro anni sono aumentate del 41% circa, a fronte di investimenti al sell out – escludendo quindi i media veri e propri – che sono aumentati del 50%. A questi si aggiungono i svariati milioni di euro che spendiamo in advertising, una cifra che non è neppure paragonabile con quella da cui siamo partiti. Lo stato di salute di Guerlain passa attraverso questi indicatori che dimostrano come la marca è stata in grado di crescere in vendite, mantenendo una pressione importante sugli strumenti a sell out e, in particolare, sul punto vendita e puntando il piede sull’acceleratore degli investimenti media, cioè rivolti al consumatore finale.Nell’advertising è stato protagonista La petite Robe Noire…Fin dal lancio, la fragranza ha avuto una copertura molto importante, con dei flight pubblicitari continui. Da quest’anno, poi, siamo stati presenti a San Valentino, a marzo in concomitanza con il lancio della nuova declinazione olfattiva, a giugno, a ottobre e saremo ancora protagonisti a dicembre per il Natale. Si è generato un circolo virtuoso per cui, in ragione degli ottimi risultati ottenuti negli ultimi mesi, l’headquarter francese ci ha accordato un extra budget che abbiamo reinvestito in advertising. Inoltre, quest’anno abbiamo avuto anche il primo spot televisivo – in passato abbiamo sempre puntato sulla stampa – di Terracotta. I risultati sono stati eclatanti su tutta la linea, ancora di più se consideriamo che lo specifico segmento di mercato delle terre continua a perdere fatturato negli ultimi anni.Tornando ai risultati…Guerlain è la marca selettiva che cresce di più, a sell out, tra le top 20 del mercato. Dal punto di vista qualitativo c’è un apprezzamento del brand molto forte da parte del retail, che nel corso del tempo ne ha apprezzato, oltre che la qualità, la coerenza dal punto di vista dei progetti e delle scelte. Non abbiamo allargato la distribuzione, come molti competitor hanno fatto, ma siamo cresciuti a porte costanti (pari a 1.100) e questo il retail l’ha apprezzato. Ci tengo a sottolineare che questi risultati sono il frutto di un grande lavoro di squadra. Tutti, in Guerlain, hanno contribuito in modo importante con grande passione, sacrificio, creatività e dedizione. A loro va un ringraziamento incredibile per come hanno saputo interpretare le mie intuizioni. Questa è una squadra molto tosta, fatta di professionisti e profondi conoscitori delle dinamiche del nostro mercato: con una squadra così forte, non avrei potuto non raggiungere i risultati che Guerlain ha ottenuto. Da parte mia, un ringraziamento importante va anche a tutto Lvmh, che a soli tre anni e mezzo dal mio arrivo ha saputo valorizzare i risultati ottenuti e, secondo principi fortemente meritocratici, offrirmi un’importante opportunità di carriera.Lei, infatti, resta all’interno del gruppo, ma di fatto si occuperà in modo solo marginale di profumeria e con una visione internazionale. Da questa posizione “super partes” che suggerimenti darebbe al retail italiano?Penso che prima di tutto il retail debba fare delle scelte dal punto di vista assortimentale. Negli ultimi dieci anni la profumeria ha vissuto una trasformazione che non si è concretizzata tuttavia, in un cambiamento nell’offerta. Purtroppo le scelte sono influenzate ancora troppo da logiche relazionali invece che di business. Invece penso che sia necessario focalizzarsi maggiormente sui numeri, sul tasso di rotazione dei prodotti, sul livello di stock. È necessario analizzare il sell out e concentrarsi sui brand e sui prodotti più performanti. È il momento di selezionare i propri partner, identificando coloro che hanno una marcia in più. Penso poi che la distribuzione debba tornare a valorizzare ed enfatizzare tre dei più importanti punti di forza, che la contraddistinguevano in passato rispetto ad altri canali: la professionalità dei propri addetti alla vendita, il livello di servizio offerto al consumatore finale e l’immagine dei propri punti di vendita.Puntando sul personale?In un momento di grande confusione di mercato, come è stato negli ultimi anni, alcune profumerie hanno preferito tagliare una voce del conto economico, il costo del personale, rimpiazzando i professionisti con persone junior e incentivando di fatto il turnover. Ma in questo modo si è impoverita la capacità della profumeria di far vivere il sogno raccontando alla consumatrice il prodotto e la ragione del suo posizionamento, è venuto meno quell’elemento di differenziazione fondamentale del canale rispetto alla farmacia e ad altri format distributivi. C’è poi un altro aspetto da sottolineare: i negozi sono sempre più uguali l’uno all’altro. Sarebbe opportuno fare un maggiore sforzo affinché si creino ambienti dove il consumatore possa sentirsi a proprio agio e gratificato e dove non si punti tutto sulla leva dello “sconto”. Ci sono realtà in Italia che hanno saputo fare tutto questo e i risultati gli stanno dando ragione: “il mestiere paga”.Queste le “critiche” al retail. Se invece dovesse dare un suggerimento all’industria cosmetica quale sarebbe?Penso che anche l’industria dovrebbe fare delle scelte distributive più radicali. Penso che continui a valere la regola – fondamentale nel selettivo – secondo la quale più la risorsa è scarsa, maggiore è il suo valore. Quanto meno il mio prodotto si trova, tanto più diventa esclusivo per i consumatori. Per alimentare questa logica anche l’industria deve avere il coraggio di ridurre il numero di porte, accrescendo il valore percepito della marca da parte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it