In flessione come ci aspettavamo, ma in misura inferiore a quanto avremmo ipotizzato solo qualche mese fa. Dopo le performance negative riscontrate in modo uniforme durante tutto l’anno, per la profumeria il 2013 si è chiuso con una perdita del 3,5% a valore del 6,6% a volume, per valori assoluti rispettivamente di 1,853 miliardi di euro e 80,4 milioni di unità. Cifre molto simili a quelle del 2012, quando il giro d’affari aveva registrato una contrazione del 3,9% e il numero di pezzi venduti del 6,4%. “Il trend è analogo allo scorso anno con la differenza che queste flessioni si registrano dopo altri dodici mesi di crisi” spiega Francesca Comis, manager beauty Italy di Npd Group. Dobbiamo infatti tornare al 2011 per riscontrare la stabilità del canale selettivo. “La flessione ha riguardato in modo generalizzato tutti e tre gli assi, anche se ha colpito in misura più contenuta le fragranze e in modo maggiore lo skincare e il make up” sintetizza Francesca Comis di Npd. “In particolare l’universo dei profumi ha beneficiato di una positiva inversione di tendenza registratasi nel mese di dicembre. La stagione natalizia – come già era avvenuto negli anni passati, come succede in altri comparti, compreso l’alimentare, e come è consuetudine all’estero – si è concentrata nelle due settimane a ridosso delle festività. Il che è naturale dato il calendario e avendo molti italiani percepito la tredicesima intorno al 20 dicembre. Tant’è che se fino a fine novembre l’asse perdeva il 2,7% a valore sul 2012, le performance positive dell’ultimo mese dell’anno hanno portato a ridimensionare queste cifre, facendo chiudere il 2013 con un decremento complessivo dell’1,3% del giro d’affari e del 6% per numero di pezzi venduti”. In particolare il fatturato generato dal profumo si attesta a 791,3 milioni di euro, contro gli 801,8 dell’anno precedente, mentre le unità sono pari a 18,9 milioni (erano 20,1 nel 2012). I risultati migliori sono quelli registrati dai femminili che perdono l’1% a valore e il 5,3% a volume e che si confermano il più importante segmento dell’alcolico (61,5% del totale). I maschili chiudono l’anno con un decremento rispettivamente dell’1,7% e del 6,5%. “Sono positive le prestazioni dei gift set, i cofanetti regalo che sono concepiti dalle aziende cosmetiche e proposti dai retailer ai consumatori finali in una logica di promozionalità seppur meno spinta di quanto accada in altri contesti e quindi più coerente con l’immagine e le caratteristiche della profumeria. In questo senso il loro potenziale è elevato, anche di più se consideriamo che questi strumenti offrono la possibilità di destagionalizzare le vendite e – grazie a una proposta particolarmente accattivante – sfruttare meglio le possibilità date da festività minori, come San Valentino, Festa del papà e Festa della mamma. Nel dettaglio i gift set sono cresciuti a valore del 7,5% nelle fragranze femminili e dell’1,5% in quelle maschili. Ma il fenomeno è trasversale tra i vari assi. I cofanetti sia make up sia skincare sono entrambi cresciuti del 6% a valore. Passando al make up, l’asse registra una perdita del 4,6% sia a valore, pari a 471 milioni di euro, sia a volume, pari a poco meno di 30 milioni di unità vendute. Tutto ciò a fronte di una sostanziale stabilità dei prezzi. La perdita è generalizzata tra le due macrocategorie dei prodotti colore/fashion e trattamento/functional e tra i vari segmenti, con un picco verso il basso nelle unghie (-8%, che però sono solo l’8,5% del totale mercato), nelle labbra (-5,5%, con un peso sul totale del 17,8%) e nel trucco viso (-5% con un peso del 37,8%). Negativo, seppur in misura inferiore, anche il maquillage occhi (-2,1%, con un peso del 28,9%). “È necessario fare delle riflessioni. Il make up in profumeria” prosegue Francesca Comis di Npd “è stato cannibalizzato dagli altri canali, sicuramente dai monomarca, ma non solo. Pensiamo a tutte le insegne di fast fashion che hanno creato corner dedicati al beauty nei propri punti vendita, o ancora a fenomeni dirompenti come i negozi Tiger, che sono sbarcati da poco in Italia e propongono dal maquillage ai prodotti per l’ufficio e la casa. Un altro fenomeno che si riscontra in questo asse è che nella profumeria selettiva la parte che soffre maggiormente e che traina la negatività è quella dei brand mass, venduti anche in Gdo e nei casa toilette. Questo non significa che le marche del prestige registrano segni positivi, ma piuttosto che la loro sofferenza è decisamente più contenuta oppure, se prosperano, non lo fanno per effetto di una crescita sana del mercato bensì perché sono riuscite a ‘rubare’ quote di mercato ai competitor”. L’ultimo asse, lo skincare, è quello che ormai da alcuni anni risente maggiormente della concorrenza dei canali alternativi alla profumeria, in primis della farmacia e parafarmacia. Tant’è che il 2013 chiude con una flessione del 5,6% a valore, per un giro d’affari pari a 591,1 milioni di euro, e dell’8,7% a volume, con 31,5 milioni di unità vendute e una perdita netta di 3 mila pezzi. Nel dettaglio, le flessioni più significative si riscontrano in due segmenti già in crisi da alcuni anni, come il trattamento corpo che perde il 10,7% a valore e a volume e che rappresenta il 12,4% del totale skincare e l’igiene che registra un -11,8% per giro d’affari e -14% per pezzi (ma pesa solo per il 5,9% sul totale asse). Il decremento è meno significativo nei solari, di cui nel 2013 si sono venduti 54,4 milioni di euro (-6,2%) e 2,6 milioni di unità (-4,8%). Il segmento più importante, quello dei trattamenti viso, che rappresentano oltre il 65% delle vendite di questo asse, ha realizzato una flessione del 3,4% del fatturato, pari a 389,5 milioni di euro, e del 4,9% a volume, per un totale di quasi 11 milioni di pezzi. “Analizzando in maggiore dettaglio i trattamenti viso, gli antietà hanno perso il 4,6% a valore, i cleanser hanno registrato una sostanziale stabilità (-0,5%), mentre gli idratanti sono stati caratterizzati da performance positive: +3,7% a valore e +4,4% a volume, con una tenuta sui prezzi. Questo dato potrebbe essere un segnale oppure l’effetto di uno switch delle vendite da un segmento all’altro: se il prezzo medio degli antiage è di 70 euro, quello degli idratanti è infatti meno della metà ovvero 31 euro. In generale nello skincare, così come nel make up, si osserva una polarizzazione delle vendite tra i brand accessibili e quelli con un maggiore contenuto di prestigio. Peraltro, lo skincare, pur essendo sostenuto da investimenti in advertising inferiori a quelli realizzati nell’alcolico, si caratterizza per una grande reattività: meno marchi fanno pubblicità ma questi hanno una redemption maggiore in termini di sell out”. Dal punto di vista del prezzo è complesso tracciare un andamento e realizzare un’analisi che sia esaustiva perché questa variabile è fortemente influenzata dal mix di formati, brand e segmenti. “Sono sufficienti dei lanci per cambiare gli equilibri e modificare la media. In generale osserviamo quello che si potrebbe definire un ‘calmieramento’ dei prezzi. Un fenomeno più interessante che abbiamo riscontrato è, invece, relativo alle big size delle fragranze. Il vantaggio offerto da questi formati in termini di convenienza è stato riconosciuto anche dalle consumatrici, mentre in passato era quasi esclusiva maschile: sono aumentate le proposte da 100 e più ml ed è aumentato il loro sell out” spiega Francesca Comis. In sintesi, il 2013 è stato un anno negativo, il secondo consecutivo, seppur meno negativo di quanto ci saremmo aspettati, e decisamente meno preoccupante di quanto abbiamo visto accadere in altri contesti, dall’abbigliamento all’automotive. L’effetto più immediato della crisi è stata la polarizzazione del sell out: i clienti hanno premiato i prodotti e i brand o con un elevato contenuto di prestigio o più accessibili e con un migliore rapporto tra qualità e prezzo. Tutto ciò che si colloca tra questi due estremi, avendo delle connotazioni meno specifiche, ha perso terreno. L’andamento del mercato italiano è in linea con quello registrato in altri Paesi europei: la Spagna ha un trend analogo a quello italiano e anche la Francia per il primo anno registra una negatività. Fa del tutto eccezione, invece, la Gran Bretagna “il cui andamento è anomalo, perché si registrano dinamiche particolari legate alla presenza di stranieri e al ruolo di trendsetter della metropoli (hanno perso appeal sotto questo punto di vendita Milano e Parigi)” conclude Francesca Comis di Npd.
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