Tutti concordi nel dichiarare la minore efficacia dei gadget rispetto al passato, gli intervistati distinguono tuttavia tra quegli omaggi che fanno parte della storia e della tradizione della profumeria e come tali sono dati per scontati dalla clientela, da altri che dovrebbero semplicemente gratificare gli acquirenti ma che, vuoi per la minore qualità degli oggetti, vuoi per la diversa sensibilità dei consumatori, non hanno più l’appeal del passato. “Gli omaggi di servizio, come la pochette o la borsa per i solari, accessori tradizionalmente legati alla profumeria, sono concepiti dai consumatori come di servizio e di conseguenza non trainano l’acquisto” afferma Andrea Debbi di Kami. “Gli altri gadget non sono comunque propedeutici alla vendita, nel senso che non fanno la differenza, inducendo il consumatore ad acquistare di più per avere il regalo. L’appeal di questi prodotti è ulteriormente diminuito per effetto della loro minore qualità: in passato omaggiavamo borse e bustine di ottima fattura, oggi sono terribili. Le diamo comunque alle clienti, ma queste non cambiano minimamente il valore dello scontrino, non servono a incrementare l’acquisto. Inoltre, negli ultimi anni abbiamo visto gadget come i palloni da calcio, articoli che con la profumeria non c’entrano nulla, non sono né eleganti né utili ai fini della vendita. Penso che sia molto meglio costruire un sistema di gratificazione attraverso il prodotto piuttosto che con l’omaggistica”. “Il gadget in parte è ancora una gratificazione, ma non sempre. Oggi, in un momento di difficoltà da parte dei consumatori” racconta Stefano Mangione di Profumidea “si punta molto di più al prezzo piuttosto che all’omaggio. Anche perché molte persone non percepiscono il gadget come un valore aggiunto ma come un sostituivo dello sconto, che il commerciante non vuole applicare”. È più positiva l’opinione di Massimo Cavini di profumerie Aline: “I gadget aiutano la vendita nel momento in cui la persona è già interessata a un certo tipo di acquisto. Per esempio può diventare discriminante nel caso in cui il cliente sia indeciso tra due prodotti equivalenti. Al di là delle borse solari, che vengono sempre richieste e a cui ormai il consumatore è abituato, in generale però questo tipo di omaggistica funzionava di più in passato”. M entre in passato la pochette o il telo mare erano un valore aggiunto per il cliente oggi non lo sono più.Tanto che il consumatore chiamato a scegliere tra il cadeau e un taglio di prezzo, non ha alcun dubbio. “Certo, nel momento in cui al cliente viene data la possibilità di scegliere tra un omaggio o uno sconto” conclude Massimo Cavini di Profumeria Aline “sicuramente opta per lo sconto, ma ormai questo rappresenta un presupposto. Prima ancora di entrare in profumeria, infatti, il cliente è molto preparato sul prezzo della singola referenza e di conseguenza non possiamo non essere competitivi. Il gadget è un di più”. A ciò si aggiungono dei problemi oggettivi nella gestione dell’omaggio che ne fanno un elemento di scarso appeal anche per il retail: “Ci sono poi tutta una serie di gadget come bracciali e palloni, legati alla vendita dell’alcolica, che” dichiara Stefano Mangione di Profumidea “non sono interessanti in quanto difficili da promozionare. Il commerciale ha difficoltà a mettere il gadget in vetrina perché dovrebbe comunicare in qualche modo l’operazione. Quindi, a meno che l’industria stessa non investa in pubblicità o in materiali ad hoc per far conoscere l’iniziativa al consumatore finale, che quindi entra chiedendo prodotto omaggio, il gadget non si riesce a dare”. In che modo è possibile ripensare questo strumento di gratificazione? È meglio eliminare i gadget o attribuire loro una differente connotazione? In generale, secondo Andrea Debbi è necessario cambiare modello perché ciò che era un valore aggiunto oggi non lo è più: “Il canale selettivo ha subito una profonda crisi strutturale, non solo economica” conclude Andrea Debbi di Kami. “Penso che in futuro la profumeria avrà un’evoluzione, da un lato verso i casa toilette e dell’altro verso il vero selettivo. L’industria dovrebbe partire da questo presupposto e comprendere che non può più avere una distribuzione di 2.500 porte, ma ridimensionare la sua rete e dare la possibilità ai retailer concessionari di avere un reale valore aggiunto nei confronti dei consumatori rispetto ai competitor”.quali sono le ragioni che hanno portato i consumatori finali a perdere interesse nei confronti di questo tipo di omaggi? Da un lato la minore qualità dei cadeau e dall’altro la diversa percezione della clientela e la sua differente sensibilità al prezzo. “Un aspetto importante è la qualità delle pochette, dei teli e delle borse” spiega Massimo Cavini di Profumeria Aline “che devono essere coerenti con il brand che li propone e con la sua immagine. Anche i gadget infatti hanno subito le conseguenze dei tagli di budget che sono stati realizzati dalle aziende e che hanno riguardato in primis i campioni”. “Posso capire che una pochette per una donna possa essere importante” conferma Andrea Debbi di Kami “ma è indispensabile che sia di qualità e che abbia allure, altrimenti non ha l’effetto di gratificare, ma all’opposto diventa destabilizzante ai fini della vendita. Se il nostro obiettivo è far vivere la profumeria alla consumatrice, perché non lavoriamo di più sul campionamento piuttosto che sul gadget? La cliente si informa, naviga in Internet ma non le basta, vuole provare, giustamente, il prodotto. E spesso non abbiamo i campioni. Perché invece del telo che si restringe al primo lavaggio e che anzi danneggia l’immagine della marca, non regaliamo degli starter kit che spieghino alla cliente il rituale di pulizia o di trattamento?”. È della medesima idea Stefano Mangione di Profumidea: “Gli omaggi che funzionano meglio sono quelli nei quali è data al consumatore la possibilità di provare i prodotti del brand, magari in formato minitaglia. Quindi ben venga la pochette che contiene dei maxicampioni per testare il rituale di trattamento. Adesso sta funzionando il medesimo discorso anche nel make up, pensiamo al mini mascara di Collistar o alla matita regalata insieme al mascara. Penso che funzionino molto bene perché la cliente ottiene un valore aggiunto: un prodotto in più rispetto a quello di acquisto abituale. I consumatori apprezzano molto la chiarezza della comunicazione, la prova del prodotto e il buon rapporto qualità prezzo”. © RIPRODUZIONE RISERVATA In caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it