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Il valore del prezzo

Qual è l’impatto della variabile prezzo sulle vendite in profumeria? Ce ne parlano Giovanni Carli di Beauty Star, Luca Catalano di Collistar, Alessandro De’ Medici di Elizabeth Arden e Carlo Rossi di Rossi Profumi
Che ruolo gioca il prezzo in profumeria? Come impatta sulle scelte di acquisto dei consumatori e quando lo strumento promozionale può diventare strategico? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Carli, direttore vendite di Beauty Star; Luca Catalano, direttore commerciale di Collistar; Alessandro De’ Medici, direttore generale di Elizabeth Arden; e Carlo Rossi, amministratore unico di Rossi Profumi.Accessibilità vs selettività: come si costruisce la strategia distributiva e di pricing vincente in profumeria?Catalano: In questi anni la maggior parte delle case cosmetiche hanno puntato a sviluppare prodotti alto di gamma, con un posizionamento come i benchmark del mercato, ma non tutti i brand hanno lo stesso allure per poter stare sulla cuspide della piramide. Il mercato è cambiato il consumatore non è più disposto a spendere cifre importanti a meno che il prodotto non abbia un reale valore riconosciuto da tutti.Rossi: Non so se sia ancora corretto per un brand parlare di selettività, a mio parere è più corretto parlare di modelli. Chanel ha costruito il suo posizionamento nel tempo. Pensiamo a come questo brand ha rivoluzionato il trucco mani con il concetto di smalti in edizione limitata, di fatto creando una moda e facendo del bene a noi e a tutta l’industria. Oggi ci vengono presentati e venduti numerosi prodotti e noi dobbiamo credere alla loro bontà proponendoli ai consumatori, ma prima ancora spetta all’industria crederci investendo in pubblicità in modo continuativo nel tempo. Lo spot non può essere effettuato per un paio di settimane all’anno e poi sparire, ma deve essere ripetuto più volte. De’ Medici: In qualsiasi ambito merceologico l’impatto del prezzo ha un peso maggiore di quanto non fosse in passato, è sufficiente andare in giro per strada per rendersene conto. Del resto non esiste un prezzo giusto, esiste il prezzo che ciascuno è disposto a pagare in quel particolare momento. Oggi l’Italia è in totale recessione e tutte le catene di profumeria stanno combattendo battaglie di prezzo in conseguenza delle quali tutti soffriremo. Questi tagli dei consumi avranno un impatto su quanti attori del mercato sopravviveranno, su quante referenze proporremo, su quanti punti vendita saranno aperti e sul prezzo medio. Posso solo augurarmi che dopo un autunno difficile, l’anno prossimo la caduta si arresti un po’. Carli: Rispetto al passato, stiamo vivendo una fase di transizione. Se il consumatore era stato abituato negli anni 80 e primi anni 90 a venire in profumeria, la ragazza giovane oggi è abituata ad acquistare il make up nel drugstore o nei monomarca, di conseguenza la profumeria deve proporgli un’alternativa. Ma come? Siamo una fase in cui le persone si vergognano a spendere, vogliono dare un valore a ciò che comprano, di conseguenza il prezzo in molti casi rappresenta una barriera. Eppure il prezzo medio globale in profumeria quest’anno è aumentato del 2,53%, nonostante la politica di taglio prezzo attuata da molte insegne. Ci sono brand che hanno riposizionato il prezzo di alcune referenze e che hanno venduto molto bene, mentre stanno soffrendo in altri ambiti dove sono meno credibili. Ma in generale, non mi preoccupa il fatto che un brand decida di riposizionare i suoi prodotti verso l’alto se i suoi lanci sono supportati da investimenti in comunicazione, mi preoccupa se l’aumento è fine a se stesso. In tal caso è un’operazione solo sul sell in, che mette in crisi la distribuzione.Come deve fare il prodotto cosmetico a ritornare tanto aspirazionale da attrarre i consumatori?Rossi: L’industria in questi periodi innova poco, scopiazza molto. Non c’è innovazione. Nel corso del tempo abbiamo perso il contenuto aspirazionale dei prodotti. Ma del resto – devo spezzare una lancia a favore dell’industria – anche l’immagine distributiva è scesa molto. Non c’è più nessuno che fa mestiere, nessuno che saluta con il buongiorno e la buonasera. Nessuno che accompagni il consumatore lungo il punto vendita. La profumeria si è banalizzata per effetto di offerte sopra offerte, cestoni e tagli prezzo. Credo che questo sia stato fatto non solo in una logica di soddisfazione del consumatore ma per fare concorrenza alla profumeria diretta concorrente. Credo che la distribuzione debba fare un percorso insieme all’industria, invece l’industria se ne lava le mani. Oggi la profumeria non guadagna nulla, molti punti vendita chiudono, i margini sono ridotti all’osso, ancora di più con l’iva al 21%. Dobbiamo trovare una soluzione insieme industria e distribuzione. Catalano: Eppure ci sono brand come Apple che hanno saputo fare un prodotto eccezionale. Partendo dal presupposto che la distribuzione non sapesse vendere i suoi prodotti, ha creato dei negozi monomarca, presidiati non da semplici commessi ma da “discepoli” che non vendono solo un prodotto, ma un sogno, un modo di vivere e di essere. La profumeria ha un catalogo molto più vasto rispetto a un brand monomarca e deve comunicare le diverse filosofie delle marche, compito molto più complicato, e poi non tutti gli assi sono facilmente spiegabili o dimostrabili. Prendiamo il soin , la crema è una promessa che implica la fiducia da parte del consumatore. A volte la geografia dei prodotti non è facile da comprendere non dimentichiamo che i prodotti di profumeria per la maggior parte hanno nomi in francese e inglese. Partendo dal concetto che la ricetta per conquistare i clienti è fatta di tanti ingredienti e di un grande chef, credo che il modello di commesso “discepolo” di Apple sia la strada giusta per fidelizzare e conquistare nuovi consumatori.Carli: Parliamo del problema di far tornare i prodotti cosmetici aspirazionali, ma tutti i giovani hanno degli smartphone che costano alcune centinais di euro e che queste persone reputano necessari. Credo che le nostre categorie di prodotto continueranno ad avere un contenuto aspirazionale solo per un certo tipo di target nella fascia alta, ma sempre di più sarà importante il contenuto di necessità per sentirsi belli, piacevoli. Diventa fondamentale il rapporto qualità prezzo. Lo dimostra il fatto che i summer pack e i bundle vanno a ruba. Certo, questi strumenti ci fanno correre rischio di cannibalizzare altri prodotti e presuppongono la rinuncia a una parte di margine, ma hanno un indubbio potere reclutante. E per quanto riguarda la qualità, basta con le bugie, che ci sono state raccontate come promesse irrealizzabili in questi anni dalle aziende e che noi, come distribuzione, abbiamo avvalorato dicendo alle nostre ragazze di proporre quel prodotto per alzare la battuta di cassa, in questo modo abbiamo tradito i consumatori.De’ Medici: Dal mio punto di vista la profumeria si muove tra due estremi, da un lato il lusso e dall’altro il value for money. La sofferenza della profumeria è uno specchio della sofferenza dei consumi di fascia intermedia. Dove è più difficile tenere un premium price? Dove la valutazione del premium price è più aleatoria, quindi nel profumo, il cui contenuto è molto soggettivo, mentre nello skincare la qualità è più facilmente percepibile all’utilizzo. Il problema è di categoria. Se non avessero più importanza gli elementi valoriali del brand noi saremmo tutti fuori, però la quota parte della gratificazione derivante dall’aspetto emotivo sulla quota parte derivante dal valore intrinseco non è più così preponderante come in passato. Il mascara a 3,90 euro può essere un acquisto smart, come si giustifica il gap di prezzo rispetto a un prodotto che costa 25 euro?Lo strumento promozionale: come e quando diventa strategico?Carli: Funziona quando è studiato bene. Sono contrario al taglio prezzo scellerato. Sono favorevole a formati speciali e ai bundle. È un modo di fare promozione senza parlare di sconto del 50%. Allora anche il cliente giovane che acquista on line e su groupon si accorge che può comprare in profumeria prodotti a valore aggiunto che mantengono le promesse, prodotti credibili e con un prezzo coerente, in linea con l’immagine della profumeria e della marca. Dobbiamo fare attività che sappiano dialogare con il consumatore e proporre prodotti in linea con le sue aspettative. In profumeria i listini ogni anno hanno un incremento dal 4 al 6 %. Qual è la logica? Si riducono gli investimenti pubblicitari e ogni anno il costo dei prodotti aumenta. Siamo nell’era in cui il consumatore si può documentare velocemente su tutte le offerte, ha meno soldi o forse li ha allo stesso modo di prima, ma in ogni caso vuole spendere meglio. Quindi noi dobbiamo rispettare le richieste del consumatore lungo tutto l’arco della sua vita. Non abbiamo come obiettivo quello di selezionare il cliente, ma realizzare un punto vendita in grado di dialogare con la ragazza di 15 anni come con la signora 80. Se puntassimo solo sui prodotti e marchi più selettivi non otterremmo questo, parleremmo solo a un certo tipo di clientela.Rossi: Credo che abbiamo fatto una valutazione errata quando pensavamo di poter servire tutta la clientela, un target troppo vasto che non è quella che ci compete. È inutile che ci mettiamo in competizione con altri canali sulle toiletries, perché altri sono più bravi di noi. Se vogliamo vendere il lusso, non dobbiamo avere paura che il suo prezzo sia medio e medio alto. Eppure andando nelle grandi catene vediamo sempre più attività promozionali. E i risultati quali sono? Scontrini calati, incassi diminuiti. Al contrario dovremmo lavorare sulla specializzazione e sul servizio. Vi assicuro che se un’addetta alla vendita trucca una cliente, la vendita è molto più facile. Dobbiamo essere preparati e dobbiamo essere onesti. Avere addette alla vendita appartenenti a fasce d’età differenti, in modo che ogni cliente possa usare il registro e lo stile di comunicazione più adatto a sé. Il retail deve investire molto in formazione, anno dopo anno, e gratificare il personale. Motivare gli addetti è fondamentale, ma è un problema molto sottovalutato.Catalano: Non dimentichiamoci che la profumeria è un punto vendita specializzato. Penso che sia giusto fare delle scelte, ma questo non può andare a danneggiare la ricchezza dell’offerta. à√ fondamentale che il consumatore percepisca l’ampiezza della proposta. Per quanto riguarda le promozioni, penso che funzionino molto bene i prodotti abbinati. Collistar nel 2013 ha compiuto 30 anni e abbiamo realizzato per i nostri consumatori diversi cofanetti con in omaggio prodotti complementari che non sempre vengono acquistati. Hanno avuto un grande successo e hanno raggiunto il duplice obiettivo di far provare prodotti che la consumatrici non conosceva o che non usavano abitualmente, incentivando così il riacquisto successivo. In questo modo abbiamo dato un offerta completa con un valore aggiunto importante.De’ Medici: Non sono sicuro che sia così, corriamo il rischio che le attività come i bundle portino il consumatore a diventare ancora più cinico, acquistando solo in conseguenza di offerte. Sono invece sicuro del fatto che sia necessario per il retail fare delle scelte: decidere con quale cliente dialogare, a chi rivolgersi. Il mercato ha perso in tre anni trecento milioni di fatturato. Quindi c’è un effetto che è inevitabile di riposizionamento verso il basso del prezzo medio, più forte che in altri settori. Questo – insieme al fatto che l’industria, soprattutto quando quotata, ha degli obiettivi finanziari di brevissimo periodo e quindi attua delle strategie poco lungimiranti – rischia di distruggere il capitale del marchio. Ma dobbiamo resistere perché, superato il momento di crisi profonda che stiamo vivendo, i consumi ripartiranno.
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