​​

L’accessorio può fare la differenza?

Complemento ideale del beauty, l’accessorio, nelle sue infinte declinazioni, può essere un buon modo per generare traffico sul punto vendita grazie alla sua versatilità.Ne parliamo con alcune aziende leader nel loro settore

Che l’accessorio sia parte integrante del mondo della profumeria è una verità incontrovertibile che ben pochi possono mettere in discussione. È in grado di differenziare un punto vendita da un altro dando così al profumiere la possibilità di presentare make up, profumi e cosmetici in una veste diversa da quella che è l’immagine veicolata dalle campagne di advertising che tendono a far apparire tutti i negozi simili l’uno con l’altro. Messo in vetrina, l’accessorio, qualunque esso sia, dalla pochette al cerchietto per capelli passando attraverso le infinite declinazioni del bijoux, può creare quel pizzico di curiosità in più che spinge il cliente a varcare la soglia d’ingresso e a entrare in negozio. Non solo: di questi tempi non così rosei, dove i margini di guadagno sono sempre più risicati, una borsetta scelta con cura e gusto oppure una collana divertente ma alla portata di tutte le tasche possono risollevare le sorti di una giornata. L’accessorio giusto potrebbe riportare in profumeria chi da tempo non la frequenta più, per disaffezione o per problemi di “prezzo”, e reclutare nuovi clienti che, attratti dall’accessorio così grazioso per la primavera, escono dal negozio magari con la nuova fragranza o il lucidalabbra intonato al tepore delle prime giornate di sole. Abbiamo chiesto ad alcune aziende del settore – Jäneke per gli accessori i capelli, Paolo Cane per la piccola pelletteria, Reminescence e DeaGioielli per i bijoux – il loro punto di vista nei confronti della profumeria italiana, se per loro ha ancora un senso il binomio accessorio/profumeria oppure se i cambiamenti intercorsi negli ultimi anni hanno portato a ripensare la loro strategia aziendale.

IL CAMBIAMENTO

“Negli ultimi anni è cambiato il modo di acquistare l’accessorio” spiega Alberto Cane figlio del fondatore dell’azienda Italian Leather srl, già Paolo Cane. “Prima si cercava il prodotto che potesse durare nel tempo, per forme, fantasie e materiali, adesso invece si cerca la novità ma con un occhio costantemente rivolto al prezzo, che non può essere alto. Sempre più spesso notiamo che il nostro essere altamente qualitativi diventa molto problematico, in quanto il profumiere preferisce articoli di qualità ma con un prezzo più facile. La difficoltà che sta attraversando il mercato è innegabile”. Lo conferma Giuseppe Perrini, sales and marketing manager di Reminescence, marchio per il cotè hippie chic e per i profumi fondato a Join les Pins (Costa Azzurra) nel 1970: “Nello scenario di crisi economica in cui ormai da tempo si è imbattuto il nostro Paese, il mercato dei bijoux soffre al pari degli altri mercati di una generale contrazione delle vendite. Reminescence ha tuttavia reagito attraverso un’attenta strategia di differenziazione distributiva. Abbiamo infatti rafforzato sempre di più la nostra presenza nei concept store all’interno dei quali il processo d’acquisto diventa un’esperienza multisensoriale. Non a caso le profumerie più importanti con cui collaboriamo amano trattare non solo i profumi ma anche i bijoux, per un’esperienza del marchio a 360°”. “Con una storia di 180 anni alle spalle siamo molto sensibili al cambiamento” racconta Elena Jäneke, che insieme al fratello Giorgio e al padre Armando, gestisce l’omonima azienda di famiglia fondata nel 1830. “Stiamo molto attenti ai trend che cerchiamo di seguire da vicino, chi acquista oggi è molto più informato di un tempo, grazie alla possibilità di accedere a una miriade di informazione via web. Da qui la nostra scelta di creare una App da cui poter scaricare i nostri cataloghi e la nostra presenza sui maggiori social network”. “La nostra è un’azienda relativamente giovane, perché nasciamo nel 1999 come marchio di gioielleria per poi cambiare nel 2004 anno in cui abbiamo deciso di orientare la nostra produzione verso la bigiotteria di lusso” spiega Annalisa Nicchi, che con la sorella Alessandra sono la testa e il cuore di Dea Gioielli. “Realizziamo 4 collezioni l’anno rivoluzionando completamente il catalogo che conta ben 3.500 referenze. Il nostro è un articolo che ha sentito la crisi solo nelle fasce di prezzo più basse, quelle pensate per una cliente giovane o per chi cerca qualcosa di poco impegnativo. Devo dire che le nostre linee più importanti hanno retto bene. I nostri gioielli sono venduti in profumerie di tipo tradizionale, boutique in grado di garantire quel plus di servizio che fa la differenza”.

LA PROFUMERIA OGGI

La profumeria rimane un punto di riferimento per la cliente, ma da sempre abbiamo abbracciato diversi canali di vendita differenziando le linee in modo mirato dalla grande distribuzione ai duty free, dai corner nei department store fino al nostro negozio di via Santo Spirito a Milano. In profumeria l’accessorio giusto e con un prezzo giustificato dalla qualità stessa ha tutte le carte in regola per portare clienti”. Questo il punto di vista di Elena Jäneke, condiviso da Alberto Cane: “Siamo presenti sul mercato da più di quarant’anni, ad oggi in circa 300 punti vendita, tutti in profumerie di tipo tradizionale e la profumeria continuerà a rimanere il nostro interlocutore privilegiato. Se il proprietario è appassionato e cerca di variare la tipologia di merce, l’accessorio può essere il modo giusto per tenere testa alla concorrenza delle grandi catene”. È certa del fatto che la profumeria sia il luogo privilegiato per tutto ciò che è “bello” Annalisa Nicchi: “Con 400 punti vendita totali di cui 120 profumerie vediamo bene come il gioco di sponda che si viene a instaurare tra le vendita di profumi e cosmetici e quella del gioiello possa essere un’occasione per fidelizzare la cliente, creando un rapporto di fiducia e complicità”..Concorda Giuseppe Perrini: “Siamo distribuiti in 700 punti vendita per quanto riguarda le fragranze e su 200 con i bijoux, di questi ultimi in 150 siamo presenti con entrambi i comparti, segno questo della stretta connessione che c’è tra i bijoux Reminescence e le fragranze stesse. Grazie ad essa infatti i nostri clienti riescono, oltre che a generare un traffico maggiore, a esporre un’offerta più completa al consumatore attraverso differenti proposte”

IL FUTURO

“Data la generale mancanza di liquidità di cui soffre il mercato italiano, negli ultimi anni abbiamo deciso di orientare la maggior parte delle nostre risorse verso i mercati esteri. Vorremmo passare dalla quota attuale di esportazione pari al 40% a più del 50%”. Spiega Alberto Cane. “Il made in Italy è davvero molto apprezzato all’estero soprattutto in Russia e nei Paesi Arabi dove la nostra artigianalità viene riconosciuta anche senza avere una griffe alle spalle come invece accade in Italia, dove solo i grandi marchi della moda vendono bene. Realizziamo delle linee apposite per quei mercati e abbiamo intenzione di allargarci anche verso il Sud America, in Brasile in particolare, dove credo ci siano buoni margini per farsi apprezzare. Il mercato italiano a mio parere rimarrà fermo per un po’”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Elena Jäneke:“È un periodo di transizione. Stiamo studiando e portando avanti progetti legati all’apertura e al consolidamento di nuovi mercati. Lavoriamo molto bene in Italia ma l’estero rappresenta almeno il 50% del nostro mercato. Siamo presenti in Brasile, Turchia, Europa, America, Russia, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Hong Kong e Giappone. Posso dire con orgoglio che la ricercatezza e la qualità degli ornamenti per capelli, delle spazzole e pettini, che nascono da più di 100 brevetti depositati, è molto apprezzata ovunque”. Per un marchio già internazionale come Reminescence la strategia è diversa: “Puntiamo ai concept store, dove in un contesto di shopping experience a 360° il bijoux diventa un accessorio imprescindibile. Non a caso negli ultimi tempi molti rinomati marchi di moda hanno diversificato il proprio portafoglio affacciandosi sul mercato dell’accessorio, di conseguenza i competitor stanno diventando sempre più numerosi. In tale contesto l’attenzione, la cura per il dettaglio e l’eccellenza del prodotto sono la chiave per competere ed eccellere”. Confini nazionali stretti anche per Dea Gioielli: “La nostra è un azienda certificata TFC, un marchio che garantisce la filiera interamente italiana dei nostri gioielli. Grazie al costante rinnovo del catalogo, alla ricerca e alla qualità dei nostri prodotti siamo in controtendenza rispetto al mercato italiano! Ci siamo rivolti all’estero per avere nuovi sbocchi e opportunità: abbiamo aperto tre monomarca in Ucraina e poi a settembre apriremo il primo concept store a San Pietroburgo, dove accanto ai nostri gioielli si potranno trovare altre eccellenze del made in Italy”. Forse questo mix di tradizione e innovazione, di locale e globale, può essere il punto da cui ripartire, senza il pessimismo generalizzato che come una coltre oscura pervade ogni settore, ma con intraprendenza, ottimismo e soprattutto voglia di fare, rimboccandosi le maniche, perché come dimostrano queste aziende il lavoro paga. Sempre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it