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L’importanza di esserci

Quante persone conoscete che non sono su Facebook? Escludendo minori di 10 anni e maggiori di 60, probabilmente meno del 20% dei vostri amici non è collegato al social blu. I suoi utenti nel mondo hanno superato quota un miliardo, suoi abitanti sono più numerosi dell’anagrafe americana e europea messe assieme.

Nel nostro paese, dei 38 milioni di italiani che accedono a Internet, quasi due terzi usano Facebook. Statisticamente, quindi, a scuola, all’università e in ufficio due persone (probabilmente di più) su tre che vi stanno attorno hanno un profilo su Facebook. Un vero “internet parallelo”, considerando che abbondanti percentuali della Banda vengono utilizzate per girare sul social network: una notizia diventa tale quando arriva su Facebook e viene condivisa, sia una scossa di terremoto o una vignetta ironica sul matrimonio Disney-LucasFilm. Un enorme database, creato dalla gente che si iscrive volontariamente per esserci e entrare in contatto con amici vicini e lontani, parenti e colleghi. Nascono rapporti, su Facebook: ovviamente di amicizia, persino d’amore, di sicuro anche di lavoro. Se volete scoprire chi è Tal dei Tali, quasi nessuno – siamo pronti a scommetterlo – userà le ormai superate Pagine Bianche, basta andare su Facebook e scoprire – quasi sempre – non solo dove abita e cosa fa di lavoro, ma anche che faccia ha, come ha passato il weekend, il suo orientamento religioso, se si hanno amici in comune. Facebook è talmente pervasivo delle nostre vite che Zuckerberg ha lanciato persino un motore di ricerca interno, per scovare amici e post relativi a un argomento particolare: potremo cercare “amici a cui piacciono le Ferrari” o “gente che vuole fare trekking in Val D’Aosta”. Nato per rendere pubblici i nostri stati, paradossalmente Facebook fa paura a molti dei suoi utenti per l’invasione della privacy, per la sovraesposizione che dà a foto e notizie che pubblichiamo. Probabilmente andiamo controcorrente, ma questo rischio francamente non lo vediamo: siamo noi a decidere cosa pubblicare su Facebook. Basta solo ragionare, prima di pubblicare un post su avvenimento di cronaca o commento sulla frase di un politico, sapendo che lo vedranno tutti. Quando postiamo uno stato, siamo noi che rinunciamo implicitamente alla privacy. Che poi è il bello di Facebook e il segreto del suo successo: un sito per abbattere le barriere sociali.

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