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La Prairie: selettivi ed esclusivi

Valeria de Fiore, direttore generale del brand racconta la strategia del marchio
Esclusività come filosofia di marca e selettività come strategia di business. Sono questi i pilastri sui quali La Prairie ha costruito i suoi 35 anni di storia, festeggiati proprio quest’anno. “Il canale tradizionale sta vivendo un periodo di crisi, dal quale può cercare di uscire solo puntando sul servizio” spiega Valeria de Fiore, direttore generale di La Prairie “sulla nicchia e sull’esclusività. Non ha alcun senso intraprendere lotte dal punto di vista del prezzo. Ho visitato tante piccole realtà, tra Nord e Sud Italia, che sono riuscite a ritagliarsi un loro spazio e stanno ottenendo ottimi successi offrendo quella selezione di marchi e prodotti e quella competenza e professionalità che non trovi da nessun altra parte”. Recentemente avete attuato un processo di ridimensionamento della rete distributiva. Per quale motivo?Il nostro obiettivo è chiudere il 2013 con 530 concessionari, dai 580 attuali. Questo significa che chiuderemo più di 50 porte, aprendone al tempo stesso solo un numero limitatissimo in province dove non siamo presenti. Vogliamo essere ancora più selettivi anche in un periodo come questo nel quale rinunciare ad accrescere il proprio fatturato con nuovi concessionari può essere controcorrente. Un brand di lusso deve essere esclusivo, non accessibile a tutti, ed essere in grado di offrire il miglior servizio nelle migliori location. Non bisogna farsi trascinare dalla sete di fatturati facili, ma lavorare su una strategia di lungo termine.Quando selezionate i nuovi concessionari, quali criteri utilizzate?I fattori sono molteplici, dal layout dei punti vendita, che deve essere in linea con i nostri standard qualitativi di grande cura al design e ai dettagli, all’esposizione che deve essere piuttosto ampia. Nelle nuove aperture cerchiamo di creare degli angoli brandizzati La Prairie. Un’altra discriminante è il fatto di avere a disposizione uno spazio cabina che ci permette di realizzare trattamenti in store, replicando il concetto della Spa su scala ridotta. Questo tipo di iniziativa, che è preparata anticipatamente, con un’agenda prestabilita di appuntamenti, permette di supportare il concessionario facendo provare il prodotto alla clientela. Il risultato è che i risultati di vendita aumentano in modo esponenziale.Cosa significa il lusso per il consumatore che acquista in profumeria e che acquista La Prairie?Rispetto a quanto accedeva in passato, il lusso è un concetto collegato all’intimità. È per se stessi. Una consumatrice che vuole regalarsi un po’ di lusso è quindi quella che cerca un momento da dedicare a sé, che sia nell’ambito delle Spa o a casa propria con una serie di riti quotidiani.A proposito di Spa, come sta andando questo business che si sviluppa parallelamente alle profumerie?Forse apriremo una nuova location quest’anno, ma non vogliamo allargarci troppo, per il momento preferiamo consolidare le posizioni che abbiamo. Anche nelle Spa vogliamo che sia evidente la filosofia di esclusività che ci caratterizza e che ci permette di offrire ai consumatori un momento unico.In questi luoghi il concetto della coccola è portata all’estremo. Come si ottiene il medesimo risultato in profumeria?Un fattore chiave è la formazione: i nostri prodotti hanno un costo medio di 250 euro e spesso la consumatrice è molto esperta. È importante lavorare sulla formazione affinché la responsabile della vendita riesca a trasmettere la nostra filosofia e a spiegare il prodotto nel modo corretto. Oggi la consumatrice è informata, vuole conoscere, vuole confrontare le diverse proposte. Una delle caratteristiche principali del nostro marchio è una grande capacità di fidelizzazione: una volta che una consumatrice compra la Prairie, difficilmente non la riacquista perché i risultati ci sono e si vedono. Questo medesimo potere fidelizzante lo riscontriamo anche nei confronti delle addette alla vendita delle profumerie concessionarie. Abbiamo circa 200 venditrici top in Italia, le chiamiamo ambasciatrici, perché sono coloro che ci rappresentano al meglio. A loro dedichiamo corsi di formazione ad hoc, inviamo i nuovi prodotti in anteprima, chiedendo il loro feedback.Avete lanciato nuove linee di trattamento con un posizionamento più giovane. Come è cambiato l’identikit del vostro cliente?Abbiamo cercato di allargare il nostro target di clientela, senza per questo diminuire né la qualità né l’esclusività dei nostri prodotti. Questo rivolgendoci a una fascia di consumatori un po’ più giovane, un target che viveva La Prairie come una marca mito e la seguiva con interesse. Abbiamo quindi voluto creare dei prodotti “d’entrata”, a partire dai 150 euro, e con caratteristiche che si sposano anche con le esigenze di una pelle piu giovane. Proprio in questo ambito stiamo per lanciare due novità antiaging.Qual è il core target?Il nostro riferimento è rappresentato da consumatori dai 35 anni fino ai 50. È formato prevalentemente da donne, ma non mancano gli uomini. Quello che i clienti ci riconoscono è il fatto di essere rimasti fedeli nel tempo ai nostri valori e di aver sempre garantito un ottimo servizio a tutti i livelli, per ottimizzare la partnership.Quali saranno le novità che arriveranno in profumeria nei prossimi mesi?La Prairie in generale si caratterizza per pochi lanci. Abbiamo recentemente portato a tre i prodotti della gamma Power Collection, inserendo il Cellular Power Serum, un siero anti-invecchiamento che ricarica di energia le cellule e ricostituisce la struttura della pelle. Nel secondo semestre proporremo due nuovi prodotti antiaging dedicati alla zona occhi e labbra, che saranno on shelf a settembre. E l’ultima parte dell’anno sarà dedicata alla linea icona Caviar, che si arricchirà di due prodotti straordinari per il viso e per il corpo e che concluderanno nel miglior modo un anno per noi estremamente importante: nel 2013 celebriamo infatti il 35esimo anno dalla fondazione della nostra azienda.Che ruolo gioca l’Italia nella strategia di La Prairie?A livello numerico il nostro Paese è il secondo in Europa, dopo la Germania, mentre il primo mercato nel mondo è quello statunitense. In generale gli italiani sono dei gran spendenti di skincare. Dal punto di vista della market share, considerando i dati di Npd nel panel trattanti, siamo il secondo brand dopo Estée Lauder.
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