​​

La sconfitta del retail moderno

Il consumatore non va comprato con le promozioni e gli sconti, ma studiato, passando da un business spot a un business future. È questa la visione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi

“La profumeria è un mercato nel quale la logica delle promozioni e degli sconti è stata una droga ancora peggiore del botulino, facendo diventare le consumatrici delle opportuniste, che dipendono nei loro acquisti dalle campagne promozionali del singolo brand o del punto vendita. In questi ultimi anni la distribuzione complessivamente intesa ha speso otto miliardi in promozioni, ha sprecato energie e risorse con l’unico effetto di trasformare i suoi clienti in opportunisti strategici. Questa è la sconfitta del retail moderno”. Sono le parole provocatorie con le quali Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano, nonché fondatore e coordinatore del Master in Strategia Aziendale dello stesso istituto, sintetizza la situazione di difficoltà e di confusione che si trova ad affrontare la profumeria, non senza fornire alcuni spunti su come il modello di business dovrà evolvere.

In un suo recente intervento lei ha detto che “Industria e distribuzione sono confuse davanti a un’Italia che preferisce risparmiare invece di consumare”. La profumeria è emblematica in questo senso in quanto il traffico di clientela nell’arco degli ultimi due anni si è ridotto drasticamente. Come è possibile far tornare i consumatori nei punti vendita?

I consumatori aspettano di essere pagati per entrare nei punti vendita, un pagamento che avviene sotto forma di sconti che non fanno altro che depauperare i margini dei retailer. Se l’importanza del beauty e più in generale della cura della persona tanto nell’Occidente quanto nei Paesi emergenti non è messa in discussione, lo è invece il modello commerciale e in parte anche la cultura del prodotto. Il consumatore non va comprato, ma studiato, passando da un business spot a un business future.

Cosa significa?

Vuol dire passare da un modello in cui il consumatore “fa un giro” in profumeria per vedere se gli serve qualcosa o essere informato su quali sono le ultime novità a un business future, nel quale retailer e cliente siglano un contratto di servizio che consente a quest’ultimo di accedere ai migliori prodotti e brand per prendersi cura di sé e per soddisfare le sue specifiche caratteristiche. Si allunga il ciclo di vita della relazione tra il cliente e il distributore. Solo così il distributore ha senso. In caso contrario perché il consumatore dovrebbe recarsi nel punto vendita, un mero snodo logistico, invece di acquistare più comodamente su un sito d’e-commerce, facendosi consegnare tutto a casa propria? Un business future è un accordo di medio e lungo termine in ragione del quale il consumatore si impegna ad acquistare presso un retailer i prodotti per la cura della propria persona e in cambio il distributore gli accorda uno sconto, le parti scambiano fedeltà con sconto. Alla base di questa relazione c’è la conoscenza reciproca perché il cliente sa che il retailer non gli vende prodotti per svuotare il proprio magazzino ma ciò che è più adatto alle sue caratteristiche, alle sue abitudini, alle sue preferenze e al suo stato di salute e il distributore ha la certezza che il consumatore continua a entrare nel suo punto vendita in modo sistematico, nel tempo, ogni qualvolta ne sollecita la visita. Il modello di business della profumeria di oggi è vecchio di 30 anni, il suo ciclo di vita è giunto al termine.

Quindi il cliente entra periodicamente nel punto vendita sulla base di un accordo economico con il retailer?

È un contratto tra due entità economiche, il retailer e il cliente, che si conoscono reciprocamente. Il consumatore non entra nel punto vendita quando vuole lui, ma sollecitato dal distributore che ha qualcosa da dirgli e gli ha fissato un appuntamento per provare un certo trattamento oppure per farsi truccare con l’ultimo ombretto lanciato sul mercato. Se il consumatore è abituato a prendere l’appuntamento per andare dal parrucchiere o dall’estetista, perché non dovrebbe fare altrettanto in profumeria? Perché la loyalty al parrucchiere e all’estetista è dell’80% mentre in profumeria regna l’infedeltà? Il distributore non ha capito che il prodotto ha senso solo se inteso come servizio, altrimenti è solo un qualcosa con cui riempire lo scaffale. Il compito del retailer è quindi sviluppare un portafoglio clienti e prendersene cura dal mattino alla sera, non aspettare che qualcuno entri nel negozio; è trasformare il punto vendita in un hub di servizi alla persona con eventi, vernissage, momenti di presentazione e promoter e preceduti da messaggi, definizione di appuntamenti e remind.

PER CONTINUARE LA LETTURA DELL’ARTICOLO SCARICARE IL FORMATO DIGITALE DELLA RIVISTA

© RIPRODUZIONE RISERVATA
In caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it