Marcello Antonetti direttore generale di Parfums Christian Dior concorda sostanzialmente con la visione del mercato di Carlo Alberto Carnevale Maffè, leggiamo perchè.
Affermazione fortemente provocatoria, ma non certo lontana dalla realtà. Oggi sembra che non si possa vendere un prodotto in profumeria senza che ci sia un motivo di convenienza più o meno forte legato ad esso. Quasi come se si trattasse di un prodotto indifferenziato, come un comune dentifricio o detersivo, che debba svolgere una funzione molto basica e senza alcuna implicazione emozionale. Tutto questo è la negazione della logica e delle basi su cui si fonda il nostro mercato. E sono fatti tutti documentabili. Una recente ricerca di Npd mostra come il valore delle vendite in promozione in Italia sia crescente e raddoppiato negli ultimi 4 anni. E la crescita è la più alta all’interno dei principali Paesi europei. Altre ricerche di settore indicavano il fattore convenienza come un importante ma al di fuori dei primi 5 per ordine di importanza nel canale profumeria. Eppure la competizione tra insegne dove si è scatenata? Proprio li!
Sotto accusa è il modello di business. Purtroppo non è una novità, sono anni che se ne parla ma non mi sembra di avere visto modelli di sviluppo tanto diversi. È frustrante assistere all’impoverimento del settore e alle chiusure di molte insegne, la cui drammaticità mi tocca professionalmente e personalmente. Purtroppo si assiste anche a molta superficialità, a sperpero di risorse che non ci si può permettere di spendere. Ho come la sensazione, e spero di non urtare la suscettibilità di nessuno, che si sia sempre in attesa di qualcuno (per esempio l’industria) che risolva dall’alto la situazione, con un colpo di magia, con l’invenzione di qualcosa che sani tutti i problemi: riporti consumatori in negozio, fornisca esperienze di vendita suggestive e indimenticabili, conosca tutti i suoi consumatori personalmente e ne profili le loro abitudini e i loro desideri, aumenti lo scontrino medio con servizi eccellenti sul punto vendita che leghino prova prodotto e decisione d’acquisto… L’evoluzione più rilevante è rappresentata dai siti on line e dall’e-commerce. Ma pensandoci bene, non sono la negazione della shopping experience tanto decantata in negozio? Noi tutti (consumatori, industria, trade) abbiamo bisogno ancora di bei punti vendita e di persone preparate che sappiano incuriosire, attrarre e soddisfare i clienti; fortunatamente ancora accade e da queste eccellenze, che ci sono, dobbiamo partire. Le informazioni in possesso del retailer sono un patrimonio inestimabile e un vantaggio competitivo verso l’industria che non ha una sua propria rete di negozi. Spesso vengono però solo parzialmente sfruttate perché la massa di informazioni è enorme ed è impegnativo gestirla. Ancora una volta si tratta di gestire la priorità delle risorse. Si potrebbe operare molto più proficuamente in modo “chirurgico”, si preferisce invece lavorare più spesso in modo generalista. Credo che ogni tanto dovremmo tutti farci un giro in un negozio della Apple o in una moderna concessionaria di auto d’alta gamma. Capiremmo che nuove esperienze sono possibi
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