Il retail in modo quasi unanime ha concordato con i concetti espressi nell’intervista di cover da Carlo Alberto Carnevale Maffè. Anche loro sono concordi nell’affermare che il servizio e la conoscenza della clientela siano la chiave di volta nel rapporto con il consumatore, anche se individuare un modello di business al quale fare riferimento non è facile. Qui di seguito l’opinione di Michele D’Ettorre responsabile di Estasi Profumerie.
“Quanto espresso dal prof. Carnevale Maffè, incontra nel concetto sommario la mia idea riferita al contingente momento che il mercato sta affrontando. Preferirei però definire quella che lui chiama “confusione” come una vera e propria “crisi di Identità” del canale profumeria, focalizzando la problematica sulla disordinata ricerca in altri canali di quanto oggi latente. Un esempio lampante viene dalle farmacie che risultano oggi essere sempre meno dedicate alla preparazione del “medicamento” (radice greca da cui ne deriva il nome) e sempre più piccoli supermarket “del tutto e dell’un po’”, proponendo come terapeutiche linee di make up che, in quanto make up e non farmaco, nulla possono avere di curativo. Questo esempio di “crisi di Identità” si esalta se pensiamo che catene internazionali della profumeria fanno indossare il camice bianco alle venditrici addette alla cosmesi. Ora mi si permetta, ma il camice bianco è destinato da sempre a medici e macellai e, quando vedo certe cose, mi si prospetta davanti lo spettro di un futuro per questo settore, che se non proprio (o già) destinato al macello, ne sono esempio i volantini prezzo, quantomeno lo è È vero che oggi paghiamo i consumatori ed è un meccanismo trasversale a ogni modello della grande distribuzione: testimone ne è l’aumento, in tutti i canali, della pressione promozionale. Il canale profumeria può fare la differenza tramite il servizio al cliente, la consulenza che va oltre il mero sconto. Ma questa presuppone un prodotto e delle caratteristiche innovative che la giustifichino. Oggi molto spesso i prodotti che vengono lanciati hanno poco di innovativo e non hanno un rapporto qualità prezzo coerente, soprattutto agli occhi di un consumatore che è sempre più “connesso” e informato. Ad aggravare questo fenomeno c’è il fatto che il servizio e la professionalità costano e, per poterli dare, è necessario attingere a delle risorse che la clientela; piuttosto dobbiamo riflettere che la cliente oggi, risulta essere sempre più preparata, documentata e attenta alla qualità del prodotto. Se pensassimo che a quella richiesta di qualità, debba rispondere pari qualità nel “porgere” i prodotti nelle mani della cliente, riusciremmo, noi per primi, a ritrovare la giusta rotta. Guardando ad altri settori, non vediamo situazioni differenti da quella del mercato della profumeria, per cui la soluzione va cercata all’interno del settore, non al di fuori, e pur essendo da sempre un fautore dell’“Uscire Fuori dagli Schemi”, suggerirei di guardare prima e bene dentro di noi per proporre un’immagine rispondente al vero, di una realtà dove l’offerta e la richiesta non siano riferite al prezzo ma alla qualità del prodotto. Confidiamo fortemente sul supporto dell’industria per alle cure di organizzazioni/strutture capaci che necessariamente devono riportare il settore sulla giusta strada. Penso sia valida l’idea di trasformare la profumeria in un “Hub” che senza snaturare l’essenza della profumeria stessa, obbligatoriamente destinata all’adeguamento dei tempi che cambiano, può con la dovuta attenzione riunire la propria clientela per eventie happening info/formativi che rinsaldino sempre più in rapporto con il cliente stesso. Ma questo, per essere fatto bene, merita tempo ed energie. In questo momento si correrebbe però il rischio di perderli entrambi. Il canale retail ha necessità di ritrovarsi, ridefinendo quei percorsi qualitativi e professionali che è il consumatore stesso a richiedere. Se pur vero che la confusione è nell’offerta, quella confusione disorienta più noi da questa parte della barricata, che sviluppare insieme strumenti utili a ridefinire la profumeria come il luogo preposto alla cura della bellezza e all’esaltazione sia dell’Io che del Sé. Convergiamo sul fattore analisi dei dati, ma ci spaventa l’espressione “fare marketing Intelligente con promozione elettronica”, perché ove concordiamo tutti che per intelligenza si intende la capacità di adattarsi alla situazione che ci circonda, il sottile confine che divide il marketing dall’invadenza rischia di essere facilmente valicato. Lo strumento elettronico deve rivestire il ruolo di una vetrina che possiamo guardare 150 volte al giorno, non può però essere inteso come il postino che per 150 volte al giorno suona alla nostra porta. Crediamo che l’industria, a perfetta conoscenza della capacità di assorbimento del mercato, sappia e debba regolarsi da sola su quale fattore puntare per generare profitto e restare in vita; la qualità o il prezzo. Noi siamo retailer e qualora nel futuro fosse il prezzo l’elemento vincente ci ritroveremmo tutti a esporre prodotti di scarsa qualità a basso prezzo. Fortunatamente leggendo i bilanci delle aziende vedo sempre maggiori oneri imputati alla ricerca, per cui, fin quando vedremo crescere quella voce, troveremo sugli espositori delle profumerie prodotti sempre più specifici, il cui prezzo, per essere equo, dovrà sempre coprire i costi di ricerca di produzione di distribuzione e di gestione e garantire a ognuna di queste voci il giusto profitto, perché solo attraverso il loro rispetto riusciremo a tenere testa all’incalzare di altri canali che puntano tutto solo ed esclusivamente sul fattore prezzo”.
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