Da gennaio ad aprile il canale selettivo ha registrato una perdita del 4% a valore e del 6,6% a volume rispetto al 2011. “Un elemento positivo in modo trasversale tra i vari assi sono i gift set” spiega Francesca Comis, manager beauty Italy di Npd Group. “Si riconferma la tendenza secondo la quale a fronte del contenimento dei consumi di cosmetici, hanno successo formule promozionali come i cofanetti regalo, una tra le macrocategorie che sono cresciute di più in modo trasversale tra fragranze, make up e skincare. Al contrario maxi formati che hanno performato meno delle aspettative, pur offrendo un vantaggio dal punto di vista economico, sono quelli dell’antiage. In questo caso la battuta di cassa per il 75 ml rispetto al 50 ml forse è troppo elevata, tanto da non incentivare l’acquisto dal punto di vista psicologico, in un contesto economico difficile, dove il potere d’acquisto dei consumatori è in contrazione. Bisognerebbe individuare la soglia psicologica in grado di rappresentare un vantaggio per il consumatore finale, così come già accade per il profumo”.
Analizzando nel dettaglio il sell out, l’asse make up è quello che ha registrato una performance migliore con un decremento dell’1,8% sul giro d’affari e del 3,1% sul numero di unità vendute, causati principalmente dai risultati sottotono dei maquillage per labbra e unghie. Le fragranze perdono il 4,4% a valore e l’8,4% a volume, l’andamento dell’asse è stato fortemente impattato dal pessimo risultato registrato nel mese di febbraio, penalizzato dalle cattive condizioni climatiche. Nello skincare, infine, si registra una diminuzione del sell out del 5,3% e del numero di pezzi dell’8,9%, anche in questo caso il cattivo tempo ha penalizzato le categorie stagionali come i prodotti corpo e i solari. “Nonostante il corpo sia la parte principale della persona” afferma Carlo Rossi, amministratore unico di Rossi Profumi “sembra che le case cosmetiche si siano dimenticate sia di questo segmento sia dei solari. Secondo alcuni avremmo perso questi business, così come le toiletries, ma non è così. Certamente alcune marche sono più adatte al canale lungo, ma altre si possono benissimo continuare a proporre in profumeria in modo profittevole. Ciò che conta è che siano lanciate novità e siano supportate da investimenti in comunicazione, soprattutto perché ci scontriamo con brand che operano in altri canali che investono sul corpo per otto mesi all’anno. Inoltre, per quanto riguarda i solari, non dobbiamo trascurare l’importanza del prezzo. Se il costo per il consumatore finale fosse più basso del 30% potremmo combattere ad armi pari con la farmacia, avendo dalla nostra una maggiore e migliore assistenza”.
“Nel corso degli anni” spiega Roberto Vallesi, presidente di Vallesi “abbiamo perso la detergenza, ma nessuno ha cercato di recuperare terreno invertendo il trend perché si è sempre guadagnato – e tanto – in altri comparti. Nel corpo pochi brand ancora reggono e intanto arrivano 4.000 nuove farmacie a ‘rubarci’ clienti facendo leva sulla loro credibilità scientifica per fare la vendita aggiuntiva. La profumeria non ha il background scientifico, quindi deve ritornare al sogno. Detto questo, il fornitore ha fatto di tutto per farci perdere il fondamentale asse del soin: aumentando i prezzi, facendo confusione, creando decine di linee, creme per ogni centimetro della pelle, negli ultimi 8 anni ha fatto di tutto… La responsabilità è dell’industria più che del rivenditore, anzi no, anche le profumerie hanno una responsabilità: quando ci presentano i lanci tattici dovremmo prenderli e gettarli dalla finestra, fanno fatturato per il fornitore e invenduto per il rivenditore. Non è vero che creano movimento o aspettativa nel consumatore. I fornitori, anziché investire sugli assi in cui sono riconosciuti dal consumatore, continuano a impegnare risorse ed energie per venderci soprattutto gli assi in cui non sono forti, con la conseguenza che i nostri magazzini sono basso rotanti e le nostre tasche vuote per aprire e rinnovare i punti vendita”. La crisi che sta attraversando l’asse del trattamento, corpo ma anche viso, è confermata da Luciano Boldetti, titolare di Boldetti e Campi e presidente di Ethos Profumerie: “Il comparto che soffre è la cosmetica. Nel trattamento corpo non si tratta di una novità perché è un trend che si è delineato negli ultimi anni e che in questi mesi è stato aggravato dal maltempo, mentre quello che è più preoccupante riguarda il viso. Certamente non si tratta di una crisi irreversibile, ma non so se ritorneremo mai più ai livelli di consumo pre-crisi per quanto riguarda i brand e le referenze di prezzo elevato. Mentre non si può fare un discorso generalizzato per quanto riguarda i superpremium, i cui risultati sono legati al tipo di comunicazione e di immagine che questi brand hanno saputo costruirsi nel tempo. In generale mi sembra che la magia su cui i marchi della profumeria hanno sempre puntato, oggi non abbia più lo stesso appeal che in passato sui consumatori finali. Mi auguro che non sia così e spero che, nel momento in cui ci sarà una maggior propensione al consumo, i clienti tornino ad acquistare nel canale selettivo, ovvero in un ambiente confortevole, dove sono messi a proprio agio e consigliati”.
“Una volta la profumeria era un canale realmente selettivo, non accessibile a tutti” spiega Marco Vaccari, titolare delle profumerie Marco e Luisa Vaccari “ma nel corso degli anni ci siamo abituati ad avere come riferimento un mercato molto più ampio. Oggi ci è venuta a mancare la massa di consumatori con un reddito medio e spesso anche coloro che hanno maggiori risorse economiche stanno molto più attenti a spendere che in passato. È necessario tornare a fare i bottegai, a stare sul punto vendita. Questa è la nostra forza. È ciò che ci differenzia dalle grandi catene, dove ci sono pochi interlocutori che si intendono veramente di profumeria. Forse non sarà mai più come prima perché è cambiata la testa del consumatore e perché nel corso del tempo abbiamo perso la preziosità che ci distingueva. Tutti i brand cosmetici hanno reti distributive superiori ai 1.500 punti vendita. Tutti trattiamo gli stessi brand, siamo tutti uguali, come possiamo quindi avere un’immagine di preziosità?”. Certamente la situazione è aggravata dal generalizzato calo dei consumi che si evidenzia in modo trasversale nei diversi mercati. “Cerchiamo sempre di essere ottimisti, ma adesso fatichiamo ad avere un atteggiamento positivo, più per quanto succede a livello politico che per quanto riguarda il nostro mercato” dichiara Giuseppe Ferreri, amministratore unico di Europrofumi. “L’industria cosmetica non è mai stata così attiva e si sforza continuamente di proporre prodotti e iniziative interessanti – cosa che non accade in periodi floridi – puntando per esempio sulla convenienza con maxiformati a prezzi invitanti. Il problema è che le persone non entrano in profumeria o chi entra non si sente libero di spendere con serenità”. Eppure ci sono ambiti nei quali si potrebbe fare di più, anche agendo in collaborazione con l’industria. “Molte profumerie hanno abbandonato del tutto la vendita di accessori, ma in questo ambito i margini sono interessanti” spiega Giuseppe Ferreri. “Certo è necessario gestire le rimanenze che, quando il prodotto è stagionale, possono anche essere importanti ma oggi è quello che può fare la differenza in profumeria. Un tempo avevamo le toiletries che facevano entrare tanti consumatori nei punti vendita, oggi ci sono ancora ma sono diventate il punto di forza dei drugstore, che sono stati più bravi di noi. Invece con il bijoux facciamo un sell out importante, che soprattutto in questo momento può fare la differenza”.
“Un ambito in cui c’è ancora la possibilità di fare meglio è quello delle private label” spiega Roberto Vallesi. “In questo contesto puoi lanciare il prodotto che vuoi, non hai problemi di prezzo, il consumatore identifica chiaramente la tua insegna. È vero non è facile e bisogna realizzare progetti accurati, ma la private label ti permette di ottenere una grande fidelizzazione”. “La profumeria dovrebbe essere il luogo d’elezione della vendita delle fragranze, ma non è sempre così” dichiara Carlo Rossi. “Ci si da molto alla pubblicità ma si trascura un aspetto fondamentale: l’expertise delle vendeuse che devono capire subito quello che il cliente vuole o almeno aiutarlo a escludere a priori quello che non è adatto. Inoltre dopo un lancio si fanno 4 o 5 declinazioni di uno stesso profumo, nonostante spesso le differenze siano cilmente percepibili dal cliente. Non fraintendiamoci, il nostro mondo vive di novità, ma quelle reali. Bisogna cercare di creare valore prestando attenzio-ne al consumatore in modo che questi possa trovare il prodotto più adatto alle proprie esigenze, al di là del prezzo. Invece adesso si tende sempre più al ribasso. Smettiamola di pensare al prezzo come fattore determinante, è necessario che il prodotto crei un’aspettativa. L’industria è molto attenta ai numeri ma non pensa concretamente ai bisogni del consumatore e questo è un errore. Oggi hanno successo le Bb Cream che sono state lanciate dal supermercato, il che è avvilente per la profumeria. Doveva essere il canale selettivo a farsi promotore di questa innovazione!”. “Come possiamo essere credibili se i profumi sono copiati l’un l’altro? Se le innovazioni proposte come tali non lo sono?” si interroga Marco Vaccari. “Il mercato perde e l’industria non fa nulla, continua a comportarsi come se nulla fosse. Continua a lanciare prodotti tattici, sempre più cari, dicendo che la profumeria vende lusso, mentre in realtà noi vendiamo lusso massificato. È vero che la maggior parte delle aziende cosmetiche sono globali quindi hanno risultati e prodotti globali, ma a volte sembra che non gli interessi nulla dell’Italia”.
Certamente invertire il trend non è facile, ma è possibile intraprendere delle azioni in grado di far ritornare consumatori in profumeria. “Facciamo iniziative speciali tutto l’anno attraverso la nostra carta di fedeltà” afferma Carlo Rossi. “Adesso, per esempio, siamo in promozione con un concorso a premi sui solari. In generale mettiamo al centro delle nostre attività il consumatore, facendolo sentire importante”. “È necessario inventarsi eventi, attività, novità in grado di colpire la fantasia del cliente” afferma Luciano Boldetti. “Può essere un prodotto inedito ma anche un innovativo modo si proporlo. Da parte nostra, noi retailer, compatibilmente con i conti economici, dobbiamo cercare di rinnovare il più possibile i negozi, presentandoci in un modo diverso alla clientela. Come Ethos Profumerie abbiamo deciso di trasformare le risorse economiche dedicate ad attività di comunicazione e di immagine in operazioni più concrete, in grado di portare risparmi tangibili sugli acquisti. Questo non significa che facciamo sconti ma diamo all’acquirente buoni sconto per le spese future in modo tale da venire incontro ai consumatori lavorando sulla leva del pricing”. Anche Giuseppe Ferreri ribadisce l’importanza di mantenere invariate le politiche di prezzo. “Sono contrario alle politiche di sconto fatte in modo massiccio. In questo modo si rischia di peggiorare il proprio conto economico e la propria marginalità, realizzando volumi più elevati ma non guadagni corrispondenti. Non esiste un’unica soluzione per uscire da questo momento difficile ma ogni giorno dobbiamo inventarci qualcosa per far entrare consumatori in profumeria. Le beauty e le settimane di make up artist sul punto vendita non hanno più l’attrattiva di un tempo. Bisogna trovare il giusto mix: qualche volta si organizza un evento, altre volte si invitano le clienti a provare la nuova fragranza o l’ultima collezione di make up. Rivediamo continuamente i nostri programmi e cerchiamo di adattarli al momento. Dobbiamo essere reattivi. E in questo senso, noi che apparteniamo alla distribuzione locale indipendente siamo avvantaggiati dal fatto di essere flessibili e di essere capaci di prendere decisioni nell’arco di poche ore. È un vantaggio non da poco. Non dobbiamo perdere la testa e farci prendere dall’ansia”. Tuttavia è il momento di fare delle scelte, prendere delle decisioni. “I fornitori hanno stanziato il 20% in meno per la pubblicità dello scorso anno” afferma Roberto Vallesi.
“Se le case cosmetiche sbagliano il prodotto, confondono il potenziale acquirente e non investono in comunicazione, che cosa possiamo fare? A volte penso che dovremmo scegliere i fornitori in base all’attenzione che hanno nei confronti del canale, privilegiando solo coloro che puntano realmente sulla profumeria. Da parte nostra cerchiamo di darci da fare, aprendo negozi sempre più belli e alla moda, che invitano i consumatori a entrare, ma i fornitori sono interessati solo ai nostri tempi di pagamento”. “Le profumerie come sono strutturate oggi non hanno più ragione d’essere” dichiara Marco Vaccari. “Le case cosmetiche presenti mediamente in ogni punto vendita sono troppe. È chiaro che le private label sono vantaggiose, ma d’altra parte sono i brand cosmetici che, investendo in pubblicità, ci portano clienti in profumeria. In alcune catene c’è stato un generale riposizionamento al ribasso, l’approccio è molto commerciale, ma non c’è competenza: chi sa cos’è un profumo? È tempo di ripensare i nostri negozi, segmentandoli, in modo da divertire i consumatori, offrendo loro qualcosa di diverso secondo un progetto che possa essere duraturo nel tempo”.
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare beautybiz.it