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Serge Lutens e l’identità del profumo

Crea fragranze con l’obiettivo di dare fiducia a chi lo indossa. Make up artist, profumiere, fotografo e molto altro, Serge Lutens non parla di profumo in termini di materie prime ma di “paura”
Vive a Marrakesh. Trascorre le mattine a scrivere e poi lavora nel suo laboratorio, nel quale crea un profumo solo per sé, ricco delle materie prime più preziose e anche più vietate. Una fragranza che non è destinata a uscire dalla sua abitazione ma solo ad essere annusata dal suo creatore per capire fino a che punto il “politically correct e l’Ifra (International fragrance association, che periodicamente emana delle direttive per regolamentare l’uso di sostanze allergeniche nella creazione di profumi, ndr) ci hanno impoverito. La nostra società è omogenea, è proprio stupida, pensa che vietando delle parole si possa cancellare il razzismo, pensa che eliminando le materie prime, piano piano, una dopo l’altra, si eliminino i problemi, solo perché una persona in Australia ha avuto una reazione allergica. Si parla di libertà quando, invece, si censura ogni giorno di più”. È così che Serge Lutens ci ha raccontato che cosa significa creare una fragranza e ha aggiunto: “Non si può parlare di profumo solo in termini di materie prime utilizzate. È come se di parlassimo di Les Demoiselles d’Avignon dicendo quali colori Picasso ha usato per dipingerlo. Gli ingredienti, così come i colori sono gli strumenti, non l’opera d’arte. È come se a uno scrittore chiedessimo quante volte ha usato una certa parola nel suo libro. È ridicolo! Quindi ho smesso volontariamente di parlare delle materie prime, perché è il gusto che deve parlare”.Se descrivere le materie prime che lo compongono non ha senso, cos’è il profumo?È un’iniezione di fiducia. Noi scegliamo un profumo perché ci riconosciamo in questo, perché rafforza la nostra identità. Io non ho mai avuto fiducia in me stesso, è come se avessi vissuto con un doppio io femminile. I miei profumi e la mia vita sono il risultato di ciò.Lei racconta che non avendo una formazione da “naso” e non conoscendo le regole della profumeria, si è permesso di inventare un nuovo modo di guardare al profumo. In che modo?Quando ho iniziato a lavorare con i profumi negli anni ‘80 ero troppo timido per contraddire con forza i laboratori. La rivoluzione ha riguardato il flacone, tutto nero, dando il via alla scuola del tono su tono. Poi nel 1990 ho deciso di creare un profumo che avesse un’identità. A quell’epoca le fragranze stavano morendo, infatti, per effetto di mix che le rendevano solo prodotti di marketing, erano diventate una minestra incestuosa in cui tutti copiavano l’uno dall’altro. È nato Feminitè Du Bois, un nome grezzo che riconosceva al legno un’identità femminile, una femminilità nascosta, dimenticata, una duplicità che è insita in ognuno di noi. Ho utilizzato il cedro, che per me è diventato una vera e propria malattia perché l’ho messo un po’ ovunque, e ho lavorato per 10 anni su questa idea, creando combinazioni che comprendevano elementi inediti come la vaniglia e il cisto, in Ambre Sultan, combinazioni mai sperimentate prima che sono state imitate generando un’ondata di profumi orientali. Volevo ritrovare l’identità del profumo attraverso il mondo arabo, conferendogli una maggiore finezza. In che modo si costruisce l’identità di una fragranza?Per me creare un profumo significa raccontare un po’ della mia vita, altrimenti non mi interessa. Il profumo nasce dalla paura. Picasso aveva paura, era attirato dalle donne, adorava le donne, frequentava i bordelli e ha dipinto Les Demoiselles d’Avignon. Allo stesso il modo il profumo fa sentire più padroni di sé stessi. Se così non è, tanto vale che lo si usi per condire l’insalata. Nel corso della sua vita, oltre a essere creatore di profumi, è stato anche fotografo, make up artist e regista…Ho fatto tanti mestieri e ho sempre cercato di cambiare le cose, romperle, rovinarle. Per 14 anni ho collaborato con Dior e ho scandalizzato le persone che vi lavoravano, eppure era sempre un successo. Tutti erano vestiti di grigio, seri, e io ho creato colori audaci, come il giallo e il bordeaux, per gli occhi. E le persone che compravano questi ombretti non acquistavano un trucco, ma la libertà. Un po’ come le femministe che si toglievano il reggiseno e lo bruciavano. Ero “coperto” dal prestigio di Dior e me ne sono servito per cambiare il make up. Diana Vreeland (storica direttrice di Vogue America, ndr) scrisse su Vogue “Serge Lutens e la rivoluzione del maquillage”. Qual è la chiave del suo successo?Ogni profumo è il prodotto di una grande riflessione. Sicuramente voglio che sia buono, che piaccia e me e anche a voi, che vi seduca perché ciascuno vuole essere amato per quello che è, altrimenti si sente tradito. Sono nato nel 1942, sotto le leggi Pétain, e mia madre era un’adultera. Quindi eravamo entrambi in pericolo. Siamo stati separati e questa separazione, che ha salvato la mia e la sua vita, mi ha fatto inventare una figura femminile, che è il segreto del mio successo. Lei si è sempre rifiutato di definire se un suo profumo è da uomo o da donna. Perché?Il profumo è come una musica, è la bellezza. La natura non afferma che una cosa è da uomo e l’altra da donna. Perché seguire un cliché? Al profumo viene data una dimensione sociale ed è un “recuperatore” di ricordi come la psicanalisi freudiana, che va usata per tradurre il sé nella società. Riconosco il genio di Freud ma applicare la psicanalisi così com’è intrappola l’uomo nel triangolo eterno di padre, madre e società. L’arte è frattura.Lei ha affermato che “Il bianco, il nero e il rosso sono l’essenza del make up”. Il colore è un accessorio?Penso che tutti mi vedano nero. Tutti pensano che anche i miei occhi siano neri, e non è così, solo perché molte volte mi sono truccato tutto il volto di bianco. Mi sono servito di tutti i colori, anche nel profumo ho fatto colore.

In italia a settembre saranno lanciatiIris Silver Mist e Fourreau Noir nella versione Le Vaporizateur Tout Noir. Ce li può raccontare?

Iris Silver Mist è il profumo di Simonetta Vespucci, la meravigliosa donna dipinta ne La Primavera e La nascita di Venere del Botticelli, nonché il Ritratto di Simonetta Vespucci come Cleopatra di Piero di Cosimo, dove è raffigurata con i serpenti e una magnifica acconciatura di perle. Morta poco più che ventenne di tisi, è considerata la donna più bella del Rinascimento e i due fratelli de’ Medici erano entrambi pazzi di lei. Il suo profumo era la polvere di Iris, una polvere magica, la stessa che fino agli anni venti veniva messa nelle grandi scatole bianche con le quali venivano consegnati tutti i vestiti da sposa haute couture. Iris Silver Mist è un iris totale, poudrè, raffinato nel suo coté terroso. Volevo che facesse lo stesso effetto di una cipria e fosse come la terra di Toscana, con quei ciuffi arroganti di iris che spuntano tra le zolle. Perché in questo formato?Questo vaporizzatore è il mio ritratto: è anonimo, spigoloso ed è tutto nero.E per quanto riguarda Fourreau Noir?È completamente differente, è un fodero nero per il pugnale, ma allo stesso tempo un abito. È qualcosa in cui ci si può far scivolar dentro un pugnale o un corpo.
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