Si chiamano diversamente da un’azienda cosmetica all’altra, ma svolgono la medesima funzione: supportare i punti vendita nello svolgere al meglio le loro attività quotidiane. Sono figure che visitano le profumerie e trascorrono intere giornate con i titolari e le vendeuse occupandosi di far formazione specifica e merchandising, risolvendo piccoli problemi come la mancanza di un tester o di campioni da omaggiare alla clientela. Sono il contatto diretto con la casa cosmetica, un contatto che va oltre la trattativa commerciale e che si propone di aggiungere valore al servizio offerto al concessionario. Abbiamo cercato di comprendere meglio quali funzioni svolgono e cosa ne pensano i profumieri.
CHI SONO E CHE COSA FANNO
Puig ha creato il suo Pos Team nel 2008. Oggi ne fanno parte sette persone che hanno il compito di interfacciarsi con le singole profumerie per offrire una vera e propria consulenza. “Il nostro team stabilisce una relazione empatica con i titolari e gli addetti alla vendita delle profumerie volta a veicolare una serie di informazioni relative ai prodotti e ai brand, da un lato, e a offrire consulenza in termini di merchandising, dall’altro” spiega Dominique Tura, pos head di Puig. In particolare, la formazione ha l’obiettivo di fornire dettagli sulla singola fragranza, come la piramide olfattiva e l’ispirazione, sul brand e sulla sua storia nonché sulle attività di comunicazione di cui è protagonista. A questa attività si affianca la consulenza sull’esposizione dei prodotti, così da rendere lo scaffale più impattante e attraente, e quindi accrescere il sell out. “Instauriamo con il personale del punto vendita un rapporto che è prima di tutto umano e poi professionale” prosegue Dominique Tura. “Noi entriamo nei punti vendita, in casa altrui, e facciamo riflettere i nostri interlocutori su questioni che spesso non sono la loro priorità, soprattutto in un periodo difficile come l’attuale. Per questo motivo la nostra comunicazione deve essere molto qualitativa e sostenuta dai dati di vendita, diretta testimonianza della validità di quanto andiamo affermando. Agiamo sempre nel rispetto delle linee guida del retailer in termini di merchandising proponendo comunque un tipo di esposizione che, nell’evidenza dei risultati di sell out, testimonia che quanto suggeriamo ha un effetto positivo sulle vendite. Inoltre la conoscenza diretta e approfondita della singola profumeria ci permette di sviluppare progetti e iniziative personalizzate, oltre che aiutare ogni punto vendita nella risoluzione di piccole problematiche quotidiane. Tutto questo in un logica win win, che porti vantaggi sia all’industria sia al retail”. Puig non è l’unico esempio di supporter in store. “La squadra recentemente creata da Lancôme ha l’obiettivo prioritario di svolgere formazione specifica sia sui nuovi lanci sia sul catalogo prodotti, fornendo argomentazioni a sostegno della vendita sui singoli prodotti e su quelli complementari” spiega Davide Micotti, direttore commerciale di Lancôme. “Il team è composto da sei SellOuter che visitano i punti vendita con una frequenza differente – da una a quattro visite per canvass – in funzione del potenziale della singola profumeria. Non sono risorse che si occupano di vendere i prodotti ma di aiutare gli addetti della profumeria a vendere meglio, fornendo loro informazioni chiave sia sui nuovi lanci sia sui nostri prodotti pilier, come Genifique e Visionnaire. Le SellOuter, rispetto ai team di formazione istituzionale, offrono suggerimenti mirati e specifici per la vendita. Inoltre hanno la funzione di monitorare tutte le attività di trade marketing e di merchandising realizzate in store”. Ma cosa ne pensa il retail di queste figure?
I PARERI
Se da sempre il servizio è un elemento distintivo della profumeria – il consiglio professionale è infatti ciò che fa la differenza tra il selettivo e gli altri canali di vendita – lo è ancora di più nel contesto della crisi economica attuale, in cui il ridotto potere d’acquisto dei consumatori ha provocato un calo degli scontrini, sia a volume sia a valore. Pur consapevoli che la preparazione delle vendeuse sia un fattore fidelizzante e in grado di fare la differenza, molti imprenditori si sono trovati a dover fare i conti con minori risorse sia economiche sia umane. Realizzare corsi di formazione in modo autonomo è oneroso ma anche mandare il proprio addetto a seguire il training realizzato da una casa cosmetica è costoso perché implica il fatto di dover rinunciare al personale che presidia il punto vendita per uno o più giorni. I team di supporto mandati dalle case cosmetiche nelle profumerie sono quindi un’ottima soluzione per continuare a offrire un buon servizio senza avere costi aggiuntivi. “Sicuramente queste strutture rappresentano un plus perché aiutano il personale nel presentare al meglio i prodotti delle aziende partner” spiega Maurizio Gibin, amministratore delegato di Gibin Profumerie e consigliere di Ethos Profumerie. “La formazione in store è destinata a diventare una prassi in futuro perché spostare il personale, come si faceva un tempo, per seguire i corsi di formazione sta diventando sempre più un problema. I costi che oggi gravano sulla gestione aziendale sono molto elevati, di conseguenza se l’azienda ci supporta mandandoci degli esperti ben venga” prosegue Gibin. È della medesima opinione Vittoria Sbrascini, titolare di Vittoria Profumi (www.vittoriaprofumi.com): “Sono certa che questo tipo di supporto sia un valore aggiunto per il personale degli esercizi commerciali poiché non solo hanno la possibilità di informarsi sulle novità ma possono anche fare un ripasso o un approfondimento di tutta la linea del brand in quesione. Peraltro è fondamentale che si instauri un rapporto di fiducia tra la nostra forza vendita e gli addetti delle case cosmetiche, soprattutto laddove il nostro personale ha un incarico a tempo indeterminato. Apprezzo in particolare l’impegno nel disporre, secondo le indicazioni della casa madre, i prodotti sugli scaffali e di controllare eventuali carenze di prodotti di dimostrazione. Oltre alla disponibilità e gentilezza ovviamente”. Questi team ottimizzano, infatti, anche l’esposizione e i materiali di comunicazione.
Stefano Mangione, direttore generale di Profumidea, sostiene il valore aggiunto di queste strutture soprattutto in termini formativi: “È sempre più difficile riuscire a far partecipare le nostre vendeuse alle scuole di formazione, sottraendole alla vendita. Certamente investiamo per formare i nostri addetti, è fondamentale per avere personale qualificato, ma nel momento in cui riusciamo a fare training mentre sono operative sul punto vendita per noi è un’opportunità in più. Al di là di tutto ciò che riguarda il merchandising, che si preoccupa sostanzialmente dell’immagine del singolo brand, questi servizi sono un grande valore aggiunto”. “Non pretendo un servizio di supporto di questo tipo, che comunque in aree geografiche come quella in cui noi operiamo non sono molto presenti” spiega Gianluca Di Domizio, titolare della profumeria Estasi di Montesilvano (Pescara) e presidente del consorzio Arcobaleno Profumerie “e non ritengo che queste figure sarebbero necessarie se gli agenti che visitano periodicamente il punto vendita spiegassero in modo accurato, come dovrebbero, le novità di prodotto, ci dessero i tester e i campioni. Inoltre le aziende realizzano periodicamente corsi di formazione sia sugli ultimi lanci sia sul catalogo. Certo, il fatto che la formazione venga fatta direttamente in negozio è un vantaggio, ma ritengo difficile che questo servizio sia svolto anche in Abruzzo. E in ogni caso già oggi le beauty si occupano di training tra una cliente e l’altra”. “Credo che possa essere un servizio utile soprattutto per quanto riguarda la formazione e il merchandising, mentre per quanto riguarda la funzione consulenziale penso che sia più efficace per i punti vendita tradizionali. Non intendo dire che a tutti i profumieri non faccia piacere ricevere consigli, ma che ogni imprenditore ha una strategia e un format ben definito e” è l’opinione di Nicola Amoruso, responsabile commerciale di Profumeria Pepe “quindi difficilmente accetterà le indicazioni dell’industria, a meno che non sia in difficoltà. In un momento di crisi come l’attuale siamo a una svolta: chi è in grado di condurre l’attività in modo oculato e razionale può restare sul mercato, altrimenti i costi di gestione rispetto al rendimento sono troppo elevati. Quindi un servizio di consulenza può essere utile per coloro che fino a oggi hanno navigato a vista”.
MA É VERAMENTE UNA NOVITÁ?
Tutti gli intervistati sono concordi nell’affermare che la formazione e il merchandising sono servizi molto apprezzati, sicuramente onerosi per le aziende ma non privi di un ritorno economico. “In passato sono stato agente di commercio, lavorando per dodici anni con L’Oréal e per otto con Estée Lauder. In Clinique mi occupavo dei grandi clienti per il centro Italia seguendo quelli che allora si definivano insegne multi porta. Già allora il key account aveva il duplice compito di lavorare sull’immagine della marca in store e di fare formazione. Era un valore aggiunto non indifferente, un servizio oneroso ma che permetteva di vendere il prodotto diversamente” spiega Stefano Mangione di Profumidea. In che modo questi servizi potrebbero essere ulteriormente migliorati? “Oggi il profumiere vorrebbe più un partner che un fornitore” conclude Maurizio Gibin di Gibin Profumerie. “Le aziende propongono dal 30 al 35% del loro portafoglio di novità ogni anno e purtroppo gran parte delle volte le novità non hanno tutta la rotazione che uno si aspetterebbe: una casa cosmetica realmente vicino alla profumeria alla fine della stagione dovrebbe ritirare quel prodotto le cui vendite non sono andate come previsto, invece di scaricarne la responsabilità sul singolo profumiere. La partnership si costruisce sulla trasparenza e sulla chiarezza. La recessione fa venire tutti i problemi a galla. È necessario affrontarli insieme, non guardare solo al proprio tornaconto”.
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